a cura di Roberta Lamonica

Premessa
“Non c’è niente là fuori che possa uccidere Ron Woodroof in 30 giorni!”, replica dopo la diagnosi di AIDS il rozzo elettricista texano nel film Dallas Byers Club, ambientato nel 1985, quando ancora si pensava che l’AIDS fosse una malattia che colpiva solo certi gruppi sociali.
A 40 anni dal primo caso documentato nel mondo occidentale, il 1 dicembre 1981, è stata fatta molta strada nella battaglia contro l’HIV/AIDS. Con oltre 38 milioni di persone infette in tutto il mondo, non esiste ancora una cura contro il virus. Tuttavia, molte oggi sono le cure che possono migliorare le condizioni di vita e il decorso della malattia nei pazienti. Nel 1983, Françoise Barré-Sinoussi e Luc Montagnier isolarono e identificarono il virus che si trasmette per via sessuale e attraverso il sangue, vincendo grazie a questa scoperta il premio Nobel per la medicina.
L’AIDS e il mondo della cultura

Il 25 luglio 1985, Rock Hudson, mostro sacro di Hollywood, annuncia con un comunicato stampa di essere affetto da sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS). Con quell’annuncio, Hudson diventò la prima grande celebrità a rendere pubblica una tale diagnosi. La sua morte a soli 59 anni, ha acceso letteralmente i riflettori su un’epidemia che ha continuato a uccidere milioni di uomini, donne e bambini di ogni provenienza da tutto il mondo. La grande amica di Rock Hudson e co-protagonista de Il Gigante, Elizabeth Taylor, è diventata un’attivista della lotta all’AIDS ed è stata una delle prime a radunare la comunità di Hollywood per raccogliere milioni per la ricerca.

Anthony Perkins, Isaac Asimov, Freddie Mercury, Bruce Chatwin, Michel Foucault, Rudolf Nureyev, Keith Haring, Dario Bellezza, Arthur Ashe: sono solo alcuni dei personaggi del mondo della cultura, dello sport e dello spettacolo che hanno perso la vita a causa della peste del 2000 insieme a tanti altri milioni di persone comuni, unite dal dolore collettivo e dalla guerra contro un nemico comune invisibile e spaventoso.
Film da vedere sull’HIV/AIDS
L’AIDS porta sofferenza e tragedia nella vita delle persone malate e dei loro cari ogni singolo giorno in tutto il mondo. Ci sono alcuni film che hanno mostrato storie incredibili di coraggio con tale grazia che continuano a risplendere nonostante lo spettro della morte sì sia realmente abbattuto sulla vita di molti dei protagonisti. Questi film in qualche modo sono celebrazioni della vita che non possono far altro che ispirare. La lista che segue non è esaustiva. Vuole solo essere un suggerimento di visione per avvicinarsi al tema.
“Parting Glances”, di Bill Sherwood (1984)

Questo film è stato scritto e diretto da un regista poi ammalatosi di AIDS. Sherwood ha ceduto alla malattia 4 anni dopo la sua scoperta nel 1986. Ma Parting Glances è un capolavoro cinematografico. Il film copre 24 ore della vita di Robert e Michael, che si stanno preparando a una separazione di due anni poiché Michael deve recarsi in Africa per lavoro. L’ex fidanzato di Robert, Nick (Steve Buscemi) è una rockstar che sta morendo di AIDS. Nonostante le premesse, il film si allontana dal melodramma; Nick è un giovane vivace e provocatorio. Commedia e dramma straziante in parti uguali, questo film, scritto in modo brillante e recitato in modo eccellente, ci offre un ritratto onesto e realistico della scena gay nei primi anni ’80 a New York.
“Una gelata precoce”, di John Erman (1985)

Un avvocato di successo, Michael Pierson (Aiden Quinn), è gay e non ha ancora parlato alla sua famiglia della sua sessualità. Quando Michael scopre che sta morendo, deve dichiarare ai suoi genitori non solo di essere gay ma anche di avere l’AIDS. Questo film del 1985 realizzato per la TV è una rappresentazione diretta e spietata dell’inizio dell’epidemia di AIDS e ha il grande merito di aver portato il dramma dell’HIV/AIDS nelle case, mostrando una famiglia tutta americana che lotta per superare il dolore dell’AIDS. La rappresentazione del personaggio di Quinn, fra l’altro, rompeva in modo deciso molti degli stereotipi dell’epoca legati ai gay.
“Che mi dici di Willy?”, di Norman René (1989)

Ambientato tra il 1981 e il 1989, il film ha beneficiato di ottime interpretazioni del cast, della sceneggiatura delicata di Craig Lucas e dell’abile regia di Norman René. Sebbene la natura episodica della trama a volte non giovi alla narrazione, la scena in cui David (interpretato da Bruce Davidson) dice addio al suo amante morente rimane una delle scene di morte più emozionanti e devastanti di sempre. Il titolo originale del film ‘Longtime Companion’, si riferiva alla locuzione usata nei necrologi per far riferimento al compagno defunto senza dire apertamente che ‘tipo’ di compagno fosse. Sebbene un certo numero di film lo abbiano preceduto, questo è considerato il primo film ad ampia distribuzione a raccontare la crisi dell’AIDS in America.
Notti selvagge, di Cyril Collard (Les Nuits fauves Fr/1992)

Opera testamento di Cyril Collard (stroncato a soli 36 anni dall’AIDS) e film manifesto di una generazione (dis)illusa, Notti selvagge rappresenta ancora oggi una delle pellicole più innovative e sperimentali di inizio anni novanta, nonché una fra le più significative e originali nel trattare un tema delicato e scottante come “la peste nera” di fine millennio. Tratto dall’omonimo romanzo (scritto dal regista) Les nuits fauves e ambientato sul finire del decennio precedente quando il temibile quanto sconosciuto virus dell’HIV irrompe prepotentemente sulla scena mondiale, l’esordio di Collard a dispetto dell’argomento trattato continua a sprigionare un’energia e una “fame” di vita assolutamente prodigiose.
“Guerra al virus”, di Roger Spottiswoode (1993)

Come “Una gelata precoce” prima di esso, questo film venne considerato una sorta di punto di riferimento televisivo quando venne trasmesso. Basato sul libro di saggistica più venduto di Randy Shilts, il film racconta la storia dell’HIV/AIDS dalla scoperta dei primi casi in Africa nel 1976 attraverso gli sconvolgimenti politici, sociali e scientifici che hanno segnato gli anni ’80.
“Philadelphia”, di Jonathan Demme (1993)

Questo blockbuster è stato il primo film ‘importante’ a trattare le questioni dell’HIV/AIDS, dell’omosessualità e dell’omofobia. Il suo cast stellare include Tom Hanks, Denzel Washington e Antonio Banderas. Hanks interpreta un avvocato discriminato dal suo studio. Washington, un altro avvocato che all’inizio si rifiuta di aiutarlo a sostenere il suo caso, ma alla fine si rende conto della propria ignoranza sulla malattia e diventa amico fraterno del suo assistito. Hanks alla fine vince la causa contro la sua azienda, ma morirà poco dopo. Ispirato a fatti reali, Tom Hanks ha vinto l’Oscar come miglior attore per la sua interpretazione.
“Milk”, di Gus Van Sant (2008)

“Milk” è un film biografico basato sull’attivista per i diritti gay e politico Harvey Milk (Sean Penn), il primo uomo apertamente gay ad essere eletto per una carica pubblica negli Stati Uniti. La sua vittoria non è stata solo una vittoria per i diritti dei gay ma, cercando alleanze in tutto lo spettro politico ha ottenuto pari diritti e opportunità per tutti, ottenendo unanime consenso in un momento in cui il pregiudizio e la violenza contro i gay erano apertamente accettati come la norma.
“Dallas Buyers Club”, di Jean-Marc Vallée (2013)

Questo film biografico racconta la storia di Ron Woodroof (Matthew McConaughey), un malato di AIDS a metà degli anni ’80, quando le cure erano ancora poco note. Come parte del movimento sperimentale per il trattamento dell’AIDS, il personaggio di McConaughey contrabbanda prodotti farmaceutici non approvati in Texas per curare i sintomi e distribuire i farmaci ai suoi amici che sono stati anche infettati, fondando il “Dallas Buyers Club”.
“The normal heart”, di Ryan Murphy (2014)

Questo drama del 2014 racconta la storia di Ned Weeks (Mark Ruffalo), scrittore a New York, negli anni ’80. Lui ei suoi amici uniscono le forze per esporre la verità sulla gravità della crisi dell’HIV/AIDS quando sia il governo che la società stanno ignorando l’epidemia.
“Appartengo a una cultura che include Marcel Proust, Walt Whitman, Tennessee Williams, Alessandro Magno, così tanti papi e cardinali da non credere. Sig. Berretto Verde, lo sapevi che è stato un inglese apertamente gay il responsabile della vittoria della seconda guerra mondiale? Si chiama Alan Turing e ha decifrato il codice Enigma dei tedeschi. Dopo la fine della guerra, si suicidò perché era così perseguitato per essere gay. Perché non insegnavano niente di tutto questo nelle scuole? Un uomo gay è responsabile della vittoria della seconda guerra mondiale! Se lo facessero, forse non si sarebbe ucciso e tu non saresti così terrorizzato da chi è gay. È così che voglio essere ricordato. Come uno degli uomini che hanno vinto la guerra”. Il suo personaggio esamina più da vicino la politica sessuale della nazione mentre gay e medici combattono per scoprire quella che è diventata la più grande crisi di salute pubblica della storia.
“120 battiti al minuto”, di Robin Campillo (2017)

Ambientato nella Parigi degli anni Novanta, il film di Robin Campillo, raccorta i tentativi di un gruppo di attivisti pronti a tutto pur di rompere il silenzio sull’epidemia di AIDS. Su questo si innesta la storia d’amore tra Nathan e Sean, segnata dalla tragica evoluzione della malattia di quest’ultimo.
Conclusioni
In tempi in cui un nuovo nemico silenzioso ci ha costretti al distanziamento, alla diffidenza e alla creazione di nuove barriere, come se non ce ne fossero già abbastanza tra gli esseri umani, torna in mente l’empatia di Lady Diana, da sempre in prima linea nella lotta all’AIDS: “L’HIV non è una barriera per le relazioni sociali, puoi stringere la mano dei sieropositivi ed abbracciarli. Solo Dio sa quanto ne hanno bisogno.”
E noi abbiamo bisogno di non dimenticare.

Rispondi