Ragazze (Career girls), di Mike Leigh (Gb/1997)

di Girolamo Di Noto

Dopo sei anni, durante i quali non si sono più viste, Annie (Lynda Steadman ) e Hannan (la compianta Katrin Cartlidge) hanno programmato una rimpatriata. Annie giunge a Londra in treno e viene ospitata dall’amica. Sulle immagini del presente si innestano da subito quelle relative alla loro vita degli anni universitari, quando vivevano coinquiline in stanze d’affitto arruffate, il cui arredamento era specchio del tormento che infieriva sulla loro vita. Ricordi, confronti, incontri inaspettati: Ragazze di Mike Leigh è la storia di un’amicizia, una commedia dolente e al tempo stesso ironica sul tempo che passa, un viaggio nei ricordi caratterizzato da amare consapevolezze, disillusioni e nostalgie in cui ad emergere come unica certezza è il legame stretto, fedele tra le due ragazze, il fatto di poter contare l’una sull’altra, di condividere dolori e risate, successi e fallimenti.

Come praticamente tutti i personaggi di Leigh, Annie e Hannan sono intrappolate nella disillusione della vita moderna, vivono la disperata impossibilità di essere fedeli al proprio essere, in aperto contrasto con quello che l’altra gente si aspetta e in questa disperata lotta di adattamento le due ragazze si trovano, loro malgrado, inserite in un maldestro gioco di equilibrio tra il desiderio di voler essere e quello che si è. Questa frustrazione emotiva che le caratterizza le rende insieme scalmanate e malinconiche, piene di vita e terribilmente tristi, protagoniste di manifestazioni di scontentezza – spesso divertenti, qualche volta commoventi, talora brutalmente schietti – che sono il tratto distintivo dello stile del regista inglese.

Career Girls (1997)

Mike Leigh, insieme a Ken Loach, nutre un profondo rispetto per il popolo, la gente cosiddetta normale. Mette in evidenza chi tenta disperatamente di uscire dal cerchio opprimente dell’esclusione. Ma se Loach concentra la sua attenzione sul mondo del lavoro, su quelle figure periferiche e invisibili che sono schiacciate dal ricatto capitalista, Leigh, con il suo tocco lieve e intimista, lavora più sulle lacerazioni emotive dei suoi personaggi, mette a nudo le confidenze del presente tra le due ragazze, le intimità del passato, le delusioni di come le cose passano col passare del tempo.

Nel film di Leigh non sono le condizioni sociali ad apparire causa principale dei disagi dei personaggi, ma il loro intrappolamento psicologico, le loro difficoltà nelle relazioni. In questo film si ride, ci si commuove, ma non ci si arrabbia tanto come nei film di Loach, è sì presente qualche riferimento aspro all’epoca thacheriana, ma non c’è più ragione di rodersi perché “non ci hanno lasciato nessuna buona causa per cui combattere”.

In questo continuo andirivieni tra passato e presente emergono i progetti non realizzati, non tutte le frustrazioni messe in preventivo, l’adolescenza acerba, gli anni ’80, gli abiti punk malandati, la musica dei Cure. Sono ragazze che chiacchierano tanto, piene di dubbi, imbarazzate che, pur diverse tra loro, non possono che ribadire che la vita è tutt’altro che dolce.

Annie è più emotiva, ha un tic che le fa dondolare la testa, è terribilmente impacciata e si rende conto di non aver superato del tutto le sue ansie passate. Ritorna in una città ancora disseminata di tracce di una vita che era sua, ma che sembra non più riconoscere. Ha paura di alzare lo sguardo e guardare in faccia le persone, è ” una ferita aperta che cammina”. Hannah è più disinibita, è una burlona, logorroica, che fa commenti pungenti e disprezza senza ritegno, con una buona dose di ironia, chiunque gli capiti a tiro, come quando, andando alla ricerca di un appartamento, esprime un giudizio rivolgendosi al proprietario di un attico, sulle costruzioni del Canary Worf: “Peccato che non si sono potuti permettere un architetto “.

Giocato su due piani temporali, Ragazze è un film aspro e toccante, ambientato in una Londra svegliata dalla fredda luce dell’alba, dai pub fumosi, da scenari domestici fatti di tostapane e tazze di tè. La commedia umana di Leigh è un cinema di volti, di occhi che si dilatano a scatti o si chiudono, è un cinema in cui il personaggio è l’elemento centrale e l’intreccio, invece, è minimale. La solitudine è tratteggiata in tutti i suoi aspetti: è presente nelle due ragazze che cercano di tirare avanti, che cercano di riuscire a smussare gli angoli più acuti del loro dolore a volte con successo, a volte no, è viva nei ricordi, nella memoria involontaria che mette in moto rimpianti, occasioni perse, fa sentire il suo fiato nelle persone che vengono incontrate come un ex boyfriend (ora agente immobiliare) che quando le incontra non si ricorda di averle conosciute o l’amico del cuore Ricky, un ragazzo con evidenti problemi di comunicazione, che aveva vissuto con loro qualche tempo e che era fuggito dopo essere stato respinto da Annie, di cui era innamorato. Lo ritroveranno sfatto e semi-demente che sputa parolacce sotto l’appartamento dei giorni gloriosi.

Ragazze è sempre stato messo in ombra dai lavori più ambiziosi del regista come Naked o Segreti e bugie, tuttavia pochi film sono riusciti a descrivere il tempo che passa in modo così toccante come questo. È un film che strappa lacrime e sorrisi, che, nonostante tutto, non lascia del tutto abbandonato uno stropicciato ottimismo e, quando succede che le giornate appaiono così senza speranza, ci si affida “alla zia Bronte”, alla scrittrice di Cime tempestose per avere una risposta. Spassosa la scena in cui per sapere cosa le attende nelle loro giornate incerte e malandate aprono a casaccio le pagine del romanzo per leggere il proprio futuro, facendo cadere gli occhi sulla prima frase che leggono. “Troverò presto la felicità?”, chiederà Annie rifacendo il vecchio gioco. E Hannah, consultando il libro, leggerà ad alta voce: “Un carico di spazzatura, lo è sempre stato”.

Non sempre il responso sarà così spietato, l’ironia ridimensionerà la botta, la risata stempererà tutto, ma la malinconia resterà e soprattutto una insopprimibile ricerca di calore e solidarietà. Ragazze resta un film da riscoprire perché riesce a catturare la profonda imprescindibilità dei sentimenti ed è indispensabile per riscattarci dall’abbruttimento della banalità, dalle ipocrisie e dagli stereotipi restituendo una strampalata ma fresca commedia sentimentale colma di sofferenza, consolazione, speranza, sconfitta, sostrato ineliminabile di ogni vita.

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.

Blog su WordPress.com.

Su ↑

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: