La moglie di Frankenstein

All’uscita della ‘Moglie di Frankestein’ nell’aprile del 1935 fu subito chiaro che si stava assistendo a qualcosa di più di un sequel.

Frankenstein era stato una pietra miliare nel genere ma il regista James Whale non volle riproporre lo stesso soggetto. Piuttosto trasformò il follow-up in un’opera di grande impatto stilistico e di sofisticata arguzia, satira sull’idea di

‘monster movie’ come iscrivibile nel genere horror a pieno titolo.

La Moglie di Frankenstein ha tracciato il sentiero a innumerevoli horror comedies successive, sebbene nessun’altra abbia mai raggiunto un equilibrio così perfetto tra i generi.

Whale aveva già dato prova delle sue abilità di mescolanza di generi in classici come La vecchia casa Buia e L’uomo invisibile. Importò per questo film dei veri e propri fuoriclasse del genere come Una O’Connor e Ernest Thesiger, rispettivamente nel ruolo della governante Minnie e del Dott. Pretorious, uno degli scienziati più folli mai apparsi in un film horror. Egli è squisitamente malvagio ma alcuni tratti della sua personalità sono divertentissimi e persino accattivanti. “Direi che mi piace questo posto”- dice al suo assistente nella cripta di un cimitero- dopodiché si concede un picnic a lume di candela, ridendo di gusto dello scheletro di fronte a lui prima di salutare calorosamente il Mostro un attimo dopo.

Il questo film si vede tutta l’esperienza di Whale a teatro. Le entrate dei suoi personaggi sono teatrali, i suoi cieli dipinti, e la grande predilezione per set sontuosi. Eppure la qualità cinematografica del film è indiscutibile con splendide angolazioni oblique e un’illuminazione espressionista di chiara ispirazione tedesca.

Una delle scelte più azzeccate fu quella di prevedere un prologo nel quale Lord Byron e Percy Shelley chiedono a Mary Shelley di raccontare loro gli sviluppi della vicenda di Frankenstein. Ciò fa sì che la storia sembri un prodotto della fantasia della scrittrice rendendo accettabili la mancanza di realismo e l’eccessiva stilizzazione.

Boris Karloff è superlativo nel ruolo del Mostro che impara a fumare, bere e soprattutto a parlare nella lunga sequenza con l’eremita cieco.

Ma uno dei momenti indimenticabili della storia di Hollywood è offerto dall’ingresso della sposa del Mostro. La performance di Elsa Lanchester è memorabile. Nel poco tempo in cui appare sullo schermo l’attrice riesce a restare scolpita nella mente degli spettatori come una sposa incredibilmente ‘stilosa’ con i suoi spasmi come da scarica elettrica. Il suo make-up è incredibile e l’acconciatura dei suoi capelli iconica, realizzata ricoprendo con i capelli della Lanchester una gabbia sistemata sulla sua testa. Il sibilo che emette fu ispirato alla Lanchester dal verso dei cigni che ascoltava durante le sue passeggiate a Regent’s Park. L’idea della sposa trae ispirazione dalla Maria di Metropolis ( Fritz Lang, 1927). All’inizio Whale aveva pensato proprio a Brigitte Helm per interpretare il ruolo della sposa.

La moglie di Frankenstein è un film incredibilmente moderno e ai cinefili di oggi, assai più scaltri di quelli dell’epoca, non sfuggiranno di certo i riferimenti indiretti all’omosessualità, alla necrofilia e al sacrilegio che Whale riuscì a infilare nel film senza incappare nelle ire della censura. Un’opera imprescindibile per tutti coloro che amano il Cinema.

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