Il magico incontro con Viola Davis

di Corinne Vosa

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La quattordicesima edizione della Festa del Cinema di Roma è giunta ormai alla sua conclusione e come ogni buon finale ha regalato un ultimo spazio di magia: l’incontro ravvicinato con Viola Davis.

Come prevede il format degli incontri ravvicinati sono state presentate diverse clip tratte da alcuni dei più significativi film di Viola. Il primo della lista è stato Il dubbio di John Patrick Shanley, tratto dall’omonima piece teatrale, con Philip Seymour Hoffman e Meryl Streep.

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È stata per Viola una delle sue prime parti cinematografiche importanti e il processo di preparazione era analogo a quello di una rappresentazione teatrale, in particolare per gli attori, le cui prove sono durate tre settimane e mezza e non si sono dovuti affidare ad alcun tipo di improvvisazione data la potenza del testo.

A lasciare il segno sono state le parole che l’attrice afroamericana ha dedicato al tema della discriminazione razziale, proponendo una prospettiva profonda e finalmente affatto retorica: spiega che quando si fanno film sulle persone di colore cio che non si coglie è la patologia psicologica dei personaggi. Nei film sui bianchi invece ci si dedica a studiare attentamente i personaggi per capire qual è il loro mondo interiore,  pensiamo ad esempio a Taxi Driver o Kramer contro Kramer. “Con persone di colore si ha solo una versione annacquata fatta per piacere”. Li si descrive arrabbiati e forti o al limite come metafore, ma mai per ciò che sono nella loro interiorità. Invece per Viola “si dovrebbe entrare in teatro e vedere noi stessi, anche quella parte che nascondiamo; August Wilson mi ha dato me stessa in tutti personaggi che ha tratteggiato. Da artista bisogna avere il coraggio di dire la verità. Nella vita indossiamo delle maschere che sorridono, diamo una versione filtrata perché ci vergogniamo di essere autentici . Noi artisti dobbiamo darvi voi stessi così come siete.” Nei film il messaggio dovrebbe avere meno valore dell’umanità del personaggio. E ancora propone l’esempio di Taxi Driver, un capolavoro su un’umanità bellissima nel suo marciume.

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Segue una clip tratta da Le regole del delitto perfetto, serie TV per la quale è da ricordare che Viola ha vinto un Emmy.
“È importante essere pronti a difendere i propri diritti. È sempre una lotta. Io sono diventata artista perché sapevo di non poter fare un lavoro da ufficio. Arriverò sempre tardi mi dicevo. Volevo essere un’artista pigra! Ma invece è sempre una lotta, per me stessa e per la mia voce.”
Riguardo all’Accademy: “Penso che è riduttivo parlare del Me Too o di inclusione pensando solo all’Accademy. Tutto è bianco. Non si guarda abbastanza intorno“. Bisogna partire dall’inizio. Chiedersi a quali film si da il via. “Noi vogliamo lavorare e fare grandi film che rispecchiano chi siamo. Avere un’ampiezza di storie, essere pagati ugualmente”. Siamo all’inizio del cambiamento, ma c’èancora tanto da fare assicura. “Dico sempre a mia figlia che solo perché siamo il 12,5% della popolazione non significa che vogliamo solo il 12.5% della torta. Io voglio tutto“. Insomma, bisogna per prima cosa cambiare il modo in cui si fa il cinema.

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In seguito alla visione di una sequenza di Widows di Steve McQueen arriva alla Davis una domanda sul suo parere sui film Marvel. Un’altra risposta degna di ammirazione:
Io voglio fare tutto“. Ci sono tanti generi totalmente diversi tra loro e lei come attrice ha voglia di esplorarli. A volte vuole entrare in un mondo immaginario. E senza imbarazzi lo ammette: “Si mi piace un buon film Marvel o un DC comics”. Cita così Albert Einstein: “l’immaginazione vale più della conoscenza“. La Davis ama fuggire in un mondo senza fine, solo di fantasia. “Ecco dove vive l’arte, in quel mondo immaginario. Un giardino che ci ha dato Dio e nessuno può dire chi merita di farne parte chi meno“.  Viola crede vi sia posto per tutte queste cose, per tutti i tipi di film e di arti. Tutti hanno un opinione, un posto da occupare spiega.

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Le luci si spengono ed ecco una sequenza commovente di Help.

Un personaggio va affrontato come se fossimo un’investigatore. Devo dire che la maggior parte della mia carriera non rispecchia il mio potenziale ma i ruoli a disposizione per me. Se ho un personaggio interessante sento che devo entrarci e identificarmi. ”
L’indagine è la gioia per lei. Come attore si devono studiare i fatti, la vita dei personaggi, le persone e te stessa. Tutta questa vita poi la devi riversare nel personaggio. Ma quanti segreti abbiamo? Quanti sono i momenti che non riconosciamo neanche noi stessi! In ogni personaggio che interpreta inietta questi segreti. “Questo è il mio dono al pubblico“.

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Barriere è il film per cui la Davis ha vinto l’Oscar come Miglior attrice non protagonista.
Si rammarica per non aver potuto interpretare tanti ruoli a causa del colore della sua pelle. Barriere rispecchia la sua idea di ruoli perfetti e ancora una volta la Davis esalta la grandezza della scrittura di August Wilson.
Aggiunge che c’è nel cinema la sensazione che tutto debba essere fatti con tocchi leggeri perché la cinepresa riprende tutto, quindi il modo di recitare cinematografico deve essere minimale; ma ciò che in primo luogo conta nella recitazione è l’ onesta e così come non bisogna esagerare nell’enfasi non lo si deve fare neanche nel sottotono, nella sottrazione.

Vedendo Viola dal vivo è immediato percepire quell’empatia enorme di cui ha parlato anche la sua carissima amica Meryl Streep nel video messaggio mostrato alla fine di quest’incontro, in cui le rivolge parole dolcissime sulla sua grandezza come attrice e persona.

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Poi è arrivato il momento della consegna del premio alla Carriera, onore spettato al nostro Pierfrancesco Favino, che con ironia e commozione assolve perfettamente a questo compito: ” Ogni volta che sono tentato di risparmiarmi penso a quei sette minuti de Il dubbio.  Ogni tanto mi lasci libero! Sono ossessionato dal suo talento.”

L’ultimo saluto di Viola Davis al pubblico della Festa del Cinema  arriva ancora una volta al cuore: “Quando me ne andrò non voglio aver lasciato alcuna occasione insprecata, non voglio che tutto il mio potenziale finisca con me. Quando da bambina sognavo facevo sogni importanti. Non c’erano ostacoli nella mia mente. Ora voglio tornare a essere bambina e voglio che lei sia felice. Io non vedo limiti per quanto posso essere e diventare“.

Vuole sempre di più cancellare le barriere nella sua testa; siamo noi dice che dobbiamo accoglierla nel nostro cuore e se il suo lavoro ci farà sentire meno soli avrà avuto successo nel suo intento di artista.

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