di Mauro Valentini
Un imprenditore sognatore e cialtrone che cerca di portare il sushi nelle Murge e che fallisce dopo un mese, che scappa in un villaggio vacanze in Africa, lasciando i debiti alla famiglia. Ma poi, proprio lì dove sta cercando di rifarsi una vita alla faccia dei suoi parenti, ecco che arriva la guerra e con essa la fuga verso un porto sicuro. Verso l’Italia.
Checco Zalone decide di iniziare questo nuovo ventennio con un film coraggioso e che vedrete, collezionerà critiche feroci per un tema -quello della immigrazione- raccontato con gli occhi spietati della satira.
Uno sguardo, quello di questo Checco, che purtroppo è il nostro sguardo, superficiale oltre il limite dell’umano, feroce e terribilmente disincantato verso tutte le tragedie del nostro tempo.
Luca Medici e Checco Zalone, la stessa persona che firma con il suo nome la regia e con il suo alias va in scena, quasi a rimarcare ancora di più quanto la sua maschera, quel “cozzalone” spietato e spiritosissimo, sia servo e mezzo per raccontare chi siamo, per metterci allo specchio e mostrarci cosa siamo diventati. Quanto orribile è il percorso che abbiamo lastricato fin qui.
Il satiro stavolta non rimane in superficie, no. Stavolta non ci offre un lieto fine sul genere “Italiani brava gente”. Stavolta no, con Tolo Tolo Luca Medici si prende la responsabilità, ci schiaffeggia a suon di risate e battutacce, ci mette spalle al muro senza pietà. Davvero siamo così come ci ha raccontato in questo suo ultimo lavoro? Questa è la sensazione amara che lascia allo spettatore che saprà interrogarsi, leggere oltre le gag, meno efficaci dei precedenti film diretti dall’artista barese, ma molto più trafiggenti.
Non gliela perdoneranno a Checco, vedrete. Stavolta si inizierà una sorta di rincorsa alla delegittimazione, al “ma chi si crede di essere”, all’indice per aver osato scavalcare il recinto dorato che si era costruito a suon di record d’incasso negli ultimi anni.
Un grillo parlante insopportabile e ipnotico, che osa scherzare e beffeggiare con l’emigrazione dalla guerra, con i naufragi in mare e con il razzismo strisciante e sempre più esplicito. Ma che scherzando in maniera irriverente ci dice la verità.
Altro che cinepanettone, altro che commediola. Altro che Checco Zalone…
Il film sotto l’aspetto tecnico sembra quasi passare in secondo piano davanti a questa sceneggiatura intricata e qualche volta troppo imbrigliata da rendersi spinosa e disturbante, Una regia colorata e ben fatta che lascia il passo al grottesco e al paradosso. Checco non è più il “One man show” dei precedenti film, ma si lascia diluire e scolorire dagli altri protagonisti del percorso, tra cui spicca per intensità e bravura il piccolissimo Nassor Said, insieme a tanti camei come quelli di Enrico Mentana, Massimo Giletti, Nicola di Bari e addirittura Nichi Vendola.
Cosa siamo diventati? Come sempre, come accade sempre nella storia del nostro paese, è sempre la commedia a puntare il dito e a pensarci bene, è stato sempre l’unico linguaggio che il nostro paese ha saputo ascoltare.
Non te la perdoneranno caro Luca Medici, vedrai, Vedrete. Ma quanto era necessario…
Monicelli era altrettanto feroce, forse e’ un paragone irriverente, ma ci sta
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