Di Corinne Vosa

“Rapida lezione di storia: Joker ed io? Ci siamo lasciati…
Per la prima volta, sono tutta sola.
Ma non ero l’unica a Gotham in cerca di una rinascita.
Questa è la nostra storia. E la racconto io, quindi inizierò da dove voglio”.
Lo spirito del film è in un’ironia accattivante e glamour. Protagonista l’antoeroina più amata di Suicide Squad, Harley Quinn (Margot Robbie), la cui emancipazione femminile si affianca in questo spinn-off alla genesi delle Bird of Prey.

Birds of Prey e la fantasmagorica rinascita di Harley Quinn è un effervescente inno pop che intrattiene bene ma rimane prigioniero della propria superficialità e voluta esasperazione trash, non spiccando il volo verso una profondità più ammaliante tipica dell’universo Batman.
Margot Robbie è fantastica, come ormai sempre, riuscendo anche nel non rendere eccessiva l’espressività di un personaggio di suo molto eccentrico, al limite del grottesco, e a infondergli una grazia seducente e un’innocenza infantile. Harley è donna e bambina insieme, femme fatale e cheerleader alternativa, una Lolita punk con lo sguardo ingenuo e lucente di Marilyn Monroe (tra l’altro citata nella scena onirica omaggio a Diamonds Are a Girl’s Best Friend).
La Robbie è anche produttrice del film, mentre la regia è stata affidata a Cathy Yan. Molto femminile anche la colonna sonora, che include brani pop di giovani artiste affermate quali Halsey, Megan Thee Stallio e Charlotte Lawrence.
Una dimensione molto ‘social’, dove si sa tutto di tutti e i criminali di Gotham sono una sorta di divi del male, su cui si fa gossip come fossero star del cinema. E al posto di un single su Facebook, gesti più eclatanti e decisamente distruttivi.
Straripante e sfarzoso, kitsch e disincantato; Birds of Prey è un manifesto pop lucente e disinibito, che nell’ostentare ed eccedere dimentica però la sostanza.

Il titolo originale Birds of Prey and the Fantabulous Emancipation of One Harley Quinn mette in risalto la tematica centrale, appunto l’emancipazione di Harley da Joker e l’influenza maschile. Harley Quinn non è mai esistita senza di lui, perché è nata nella sua ombra pur facendo poi il grosso del lavoro. Adesso che è stata lasciata l’unica cosa che può fare è ricercare una propria identità autonoma.
È strano sentire parlare nuovamente di Joker dopo il successo della versione di Joaquin Phoenix. Ovviamente il riferimento immaginativo qui è quello di Jared Leto, dal momento che siamo nell’universo diegetico di Suicide Squad. È anche vero che il fatto di non vedere mai il volto di Joker ci permette di immaginarlo a nostro piacere, come se dopo le critiche al povero Leto ogni possibilità fosse aperta.
Parlando di antagonisti, Ewan McGregor è ottimo nel caratterizzare il villain Roman Sionis, indubbiamente uno dei migliori personaggi del film, seppure un po’ penalizzato nel finale: nevrotico e narcisista, vanitoso e affetto da disturbo ossessivo compulsivo e crisi di rabbia. La sua spalla è Chris Messina, interprete di Zsasz, la cui intesa con Sionis lascia coraggiosamente presumere un rapporto omossessuale o come minimo un’attrazione.

Colori vivaci e scintillanti, il mondo cromatico di Barbie scaraventato nella Gotham dark. La fotografia di Matthew Libatique colpisce l’occhio e rivela tutta la sua potenza nella resa del parco giochi gotico e fiabesco che sembra incarnare i turbamenti emotivi di Harley, nonché la sua perturbante, giocosa e sensuale pazzia.
Avvalendosi di excursus d’animazione, rallenti, voice over e flashback, Birds of Prey sfreccia a ritmo portentoso perdendo spessore forse proprio nella parte finale. Una giostra virtuosistica di action femminile, molto più vicina al registro linguistico di Deadpool che dei film su Batman e Joker. Un tentativo di rivaleggiare con la Marvel sintonizzandosi sulla propensione per la leggerezza e comicità, ma prediligendo nettamente un approccio più trasgressivo e per nulla disneyano.

A spiccare il volo Black Canery, interpretata da un’intensa e carismatica Jurnee Smollett-Bell. Lascia il segno anche la poliziotta ribelle interpretata da Rosie Perez. Da non dimenticare la iena Bruce, una deliziosa e divertentissima trovata per comunicare il bisogno di affetto di Harley, così come l’idea che i “cattivi” e reietti della società possano avere un cuore ed essere dei teneroni. In questo la iena e la sua folle proprietaria si somigliano tanto.
E se tutte le eroine del film inizialmente sono sole nel proprio fragile mondo, è evidente che i loro percorsi siano destinati a incrociarsi bruscamente.
Ciò che c’è da chiedersi è se questa femminilità, la cui esaltazione è di fatto il fulcro narrativo del film, sia trattata in modo efficace o se sia solo una mera rappresentazione della ribellione femminile.
Se infatti la sensualita e indipendenza femminile emergono con irriverenza, una sceneggiatura un po’ troppo superficiale rischia di smorzare il fascino di questa carica sovversiva, nonchè della dimensione esistenziale dei personaggi.
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