di Roberta Lamonica

“Cosa non accadde la notte in cui il film fu presentato a Venezia, fuori concorso. Per poco non mandarono i carabinieri. Insulti, epiteti, persino i due nani protagnisti dovettero dileguarsi perché altrimenti li picchiavano. Eppure a mio parere non ho mai fatto una cosa meglio di quella.”
(Mauro Bolognini).
La Balena Bianca, diretto da Mauro Bolognini nel 1964 è uno dei due episodi di cui si compone La donna é una cosa meravigliosa, tratto da un soggetto originale di Goffredo Parise. L’altro episodio, Una donna dolce, dolce, con Sandra Milo, è forse il meno riuscito dei due.
La Balena Bianca è un diamante splendente di una luce diversa nel panorama cinematografico dell’epoca: con lo splendido e accurato bianco e nero dalle atmosfere noir di Gianni di Venanzo e con le musiche di Piero Piccioni, La Balena Bianca presenta un triangolo amoroso assai improbabile e certo unico nel nostro cinema: il nano Eros (Arnaldo Fabrizio) è sposato con la dispotica Donna Cannone, Miriam, proprietaria del circo che gestiscono insieme. Eros ha una relazione con Luciana, graziosa acrobata circense lillipuziana (Carmen Najarro, una Masina in miniatura) che però vuole l’amante tutto per sè e non esita – vocina cinguettante e occhietti dolci – a sostenerlo e spronarlo nel proposito criminale di disfarsi della moglie. Eros cercherà di uccidere la Donna Cannone in tutti i modi, ma ogni tentativo si rivelerà fallimentare, perché, come gli dirà l’amante prima di abbandonarlo. “E’ impossibile sbarazzarsi della Donna Cannone”.

Il mondo che Bolognini descrive, ne La Balena Bianca, è un mondo capovolto, a testa in giù, che guarda dal basso come Eros il nano guarda la sua Ciccia, la Donna Cannone Miriam, enorme, minacciosa e capricciosa compagna. Non è un caso che il primo numero circense eseguito da Luciana sia quello di star sdraiata su un tappeto mentre un grosso elefante le si appoggia sopra, quasi un’anticipazione profetica del finale dell’episodio.
Nonostante le misure lillipuziane di Eros e Luciana, i loro sentimenti e la loro malsana passione hanno misure ‘normali’ e l’eleganza curata di Eros e Luciana è contrappuntata dalla grossolana volgarità di Miriam.
“Mia moglie è un aborto deforme, uno scherzo della natura”, dice Eros alla sua Luciana, che incontra in alberghi ad ore per meridionali, in letti troppo grandi per i loro piccoli corpi. La determinazione con cui Eros vuole uccidere Miriam è però continuamente annullata dalla volontà di vivere di Miriam, che dopo ogni ‘attentato’, torna al suo pubblico – quasi inconsapevole confidente – e al suo circo.

Ma il circo di Bolognini è deforme, grottesco, spaventoso. Nulla ha a che fare con la meraviglia e lo stupore infantile di quello di Fellini. È, invece, molto più vicino a quello dei Freaks di Tod Browning, film culto del 1932, ma in modo capovolto, anche in questo caso.
Laddove Browning fa un’amara, caustica ma anche toccante allegoria sulla diversità, mostrando come spesso proprio dietro la normalità si nasconda la vera mostruosità, Bolognini (e con lui Parise) mostra come i sentimenti e con essi le piccole crudeltà, le invidie, i fallimenti e le delusioni siano gli stessi per tutti gli esseri umani, indipendentemente dalle caratteristiche fisiche che ne determinino la presunta normalità e anormalità.
“Non si ammazza la donna cannone. Addio, Eros!”, dice dunque una disincantata e cinica Luciana alla fine dell’episodio. La balena bianca, Miriam, è un simbolo, il Sacro, la Società, l’indissolubilità del vincolo coniugale e delle convenzioni; ed è segno inequivocabile del fallimento cui sono destinati tutti coloro che tentano di sfuggire alle catene convenzionali della propria vita.

L’ironia e il sarcasmo nero che rasentano il cinismo ne La balena bianca anticipano quello misogino di Gran bollito, film bellissimo e forse non ancora pienamente compreso. Anche per questo, per il suo essere tassello essenziale nel percorso artistico del grande Mauro Bolognini, La donna è una cosa meravigliosa è un film da recuperare assolutamente.
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