Soy Cuba, di Michail Konstantinovič Kalatozov (1964)

di Adriano Sgarrino

Una delle locandine del film | re-movies.com

Cuba: il passaggio rivoluzionario da Fulgencio Batista a Fidel Castro testimoniato, ora implicitamente ora esplicitamente, da quattro storie precedute da un prologo generale girato in uno stupefacente piano-sequenza con la voce narrante che ripete “Soy Cuba” (Io sono Cuba) e fa riferimenti a Cristoforo Colombo.

1. La bella e tormentata Maria – che sul lavoro si fa chiamare Betty – si prostituisce per americani facoltosi.

2. Un vecchio contadino viene espropriato della terra che lavora per il sostentamento di sé e dei suoi figli. La sua sofferta ed indignata reazione non tarderà ad arrivare.

3. La partecipazione ai moti rivoluzionari da parte di uno studente universitario.

4. Un giovane contadino, dopo qualche tentennamento iniziale, si unisce ai ribelli sulla sierra.

Frame dal film | re-movie.com

Film complesso e sfortunato, “Soy Cuba” fu un clamoroso insuccesso commerciale poiché tacciato all’epoca di eccessivo e freddo formalismo, segni, secondo i detrattori, di una non conoscenza della materia narrata da parte del regista Kalatozov, che aveva pertanto tradito la vera indole del popolo cubano. Si pensi che, come contro-motto al titolo del film, i giornali cubani scrivevano “No soy Cuba”. Come effetto, il film scomparve dalla circolazione, per poi ricomparire nel Festival di Telluride del 1992 e conoscere tra i suoi grandi estimatori gente come Martin Scorsese e Francis Ford Coppola, che lo esaltavano proprio per quelli che furono considerati dapprima difetti: i lunghi piani-sequenza, i complessissimi movimenti di macchina e l’aver saputo sapientemente coniugare forma e sostanza (la fotografia, splendidamente mozzafiato, è di Sergej Uruševskij). Nel documentario “Soy Cuba, il mammuth siberiano” (2005) viene spiegato come l’opera non piacque a nessuno alla sua uscita, ma anche l’ammirato giudizio di Scorsese il quale dichiarò che, se avesse visto “Soy Cuba” agli inizi della sua carriera, sarebbe stato un regista diverso.

Altro frame del film | re-movies.com

Pur nel pieno rispetto del punto di vista cubano e pur ricordando anche che ancora oggi alcuni critici tacciano “Soy Cuba” di semplicistica riduzione della rivoluzione di Cuba – nota la parziale stroncatura di Paolo Mereghetti, per esempio – il film resta un risultato meritorio ed importante, probabilmente non già per studiare e approfondire la statura ideologica rivoluzionaria ma per emozionare nel profondo. Il che non è poco.

Una delle locandine alternative del film | re-movies

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