Sulla giostra, di Giorgia Cecere (2021)

di Andrea Lilli –

Profondo Sud-Est italico. Ada (Lucia Sardo) è rimasta là. Irene (Claudia Gerini) invece ha deciso presto di scappare, di vivere nelle grandi città. Dopo tanti (venti?) anni si ritrovano al punto di partenza, si confrontano, si affrontano. Sono nemiche, almeno all’inizio. Motivo del contendere è la casa della famiglia di Irene. È stata messa in vendita, con tutta la sua storia, che comprende le storie delle due donne. Ada, la governante, ci abita da una vita: è sempre stata lì, in quell’angolo del Salento. Ormai è anziana e non accetta di andare altrove, ma non perché sia intimorita dal cambiamento: semplicemente non può immaginarsi altrove.

Non le interessa uscire dal proprio mondo, fatto di gesti ogni giorno gli stessi, ripetuti, calibrati, plasmati dalle esigenze di quella casa. La spesa, la cura del giardino, la pulizia degli interni, la preparazione del pasto, le ricette tradizionali, il lavoro all’uncinetto, il bucato, la tv, la radio, il sonno da sola, e tutto il resto che riempie uguali i giorni, che serve a rassicurarci difendendoci dal caos che sta là fuori. Non si è mai sposata. Ada si è adattata ad un altro tipo di coniuge: quella villa. Rimasta fedele, non accetta di separarsene.

Irene è sulla quarantina, fuori ci è andata appena possibile, ha viaggiato, conosce bene Milano e Roma, ha fatto carriera nel mondo del cinema, produce film, si è sposata, separata, ha un figlio diciottenne, si è abituata al caos, tanto che sembra non poterne più fare a meno. Dunque non capisce e non accetta la resistenza di Ada, cui offre inutilmente diverse sistemazioni molto più comode, senza tutti quei gradini erti, faticosi da scalare. Ada non le sta antipatica, anzi la rispetta, ma adesso Irene ha un problema economico e vede la vecchia governante come un bastone assurdo tra le sue ruote impazienti, un mulo testardo che le sbarra la strada costringendola a trattenersi laggiù, nello sprofondo della provincia di Lecce, mentre due acquirenti e i suoi debitori aspettano. Che Ada se ne vada, e la vendita si sblocchi. Ada però non se ne va. Calma, impassibile come un pachiderma ripete i gesti di sempre nella villa ormai vissuta solo da lei. Due donne, due generazioni, due mentalità diverse si scontrano, sulla giostra della vita.

La ‘giostra’ è uno spettacolo che nacque nel Medioevo. Si chiamava così il torneo in cui i cavalieri si battevano incrociandosi al galoppo lungo un rettilineo, armati di lancia e scudo: vinceva chi disarcionava l’altro e restava in sella, aspettava il prossimo sfidante, fino all’ultimo duello. Uno sport piuttosto brutale, che col passare dei secoli si è trasformato in esibizione pacifica, giocosa, e circolare: i cavalli smisero di galoppare aggressivi, vennero messi a sfilare legati intorno a un palo. Poi diventarono di legno, furono fissati su una piattaforma girevole, il clangore degli scudi trasformato in musica cadenzata a ritmo di valzer, accompagnata da un movimento verticale dei cavalli. Infine i quadrupedi sono stati ridotti all’essenziale: sedie sospese a mezz’aria, appese con un cavo d’acciaio all’asse centrale. Le giostre a motore, fatte ormai di plastica e metallo, sono diventate volanti, frenetiche, chiassose, precipitose, adrenaliniche. Comunque sempre al passo coi tempi che corrono.

Sulla giostra di Giorgia Cecere, invece rallentiamo: siamo tra le vie di un antico borgo del Salento, terra affascinante che la regista nata a Castrignano del Capo conosce bene. La sceneggiatura è a due mani – collabora Pierpaolo Pirone – ma la scrittura del film è decisamente femminile. Le protagoniste sono donne: Ada e Irene si fronteggiano caparbie fino all’ultimo, ma determinanti sono anche la madre di Irene e una giovane estetista, che punta e conquista il figlio di Irene.

Gli uomini restano in secondo piano, si limitano a fare da spalla o da intrusi, optional di volta in volta scelti e gestiti secondo le necessità delle dame. Solo Gianni, l’agente immobiliare (Alessio Vassallo) e Filippo, l’ex marito di Irene (Paolo Sassanelli) osano un paio di iniziative autonome, sebbene in direzioni previste o incanalate da Irene e Ada. Le altre figure maschili non spiccano per qualità particolari: insicuri (il figlio di Irene) o caricaturali (l’idraulico; il matto filosofo), sembrano pupazzi confusi e ottusi alla ricerca di un loro perché, che trovano solo grazie a lorsignore. Femminile pure l’ispirato commento musicale finale, che ci accompagna nell’ultimo giro di giostra e nei titoli di coda (peccato per l’incongruenza del brano in inglese: comprensibile l’attenzione al pubblico internazionale e al turista, ma the sky non c’entra niente, il cielo qui è assolutamente salentino).

Questo squilibrio di genere nella densità dei caratteri è il principale – non troppo grave – limite di una commedia peraltro divertente, intelligente, ricca di dettagli che rievocano sensazioni e situazioni di un mondo di provincia sicuramente logoro, decadente, ma tutt’altro che spento. Una dimensione più umana che in molti stanno rivalutando, dopo averla riscoperta per effetto delle migrazioni di ritorno, del lockdown per pandemia, del minor costo delle case, o per tanti altri motivi, tra cui quelli che riportano Irene nel magico tacco dello Stivale.

Claudia Gerini non recita male la parte dell’emigrata bella rampante e un po’ infame, ma la stella di questo film è senza dubbio la siracusana Lucia Sardo, attrice sanguigna che dà sempre il massimo quando si tratta di interpretare la dignità e la tenacia di una donna. Presenza scenica potente, sguardi eloquenti, dialoghi essenziali e silenzi infallibili come armi di precisione: prova superlativa, è lei a vincere il duello.

– 29.9.2021


Il cast: Paolo Sassanelli, Lucia Sardo, Claudia Gerini, Alessio Vassallo

  • in sala dal 30 settembre

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