L’oro di Roma (1961), di Carlo Lizzani

di Marzia Procopio

Il 16 ottobre 1943, nella Roma città aperta del post armistizio, avvenne il rastrellamento del ghetto ebraico da parte della Gestapo di Kappler con la collaborazione dei funzionari del regime fascista; la retata – 1259 ebrei, donne in maggioranza, e 207 tra bambini e bambine – ebbe luogo tra le cinque e mezza del mattino e le due di pomeriggio di quello passato alla storia come il ‘Sabato nero’, coinvolgendo anche i quartieri di Trastevere, Monteverde e Prati. I circa mille rastrellati furono deportati ad Auschwitz, dove morirono tutti tranne sedici persone, fra cui gli indimenticati Piero Terracina e Settimia Spizzichino, che solo dopo un certo numero di anni iniziarono la loro preziosa, instancabile opera di testimonianza.

Pagine bellissime sul rastrellamento furono scritte l’anno successivo da Giacomo Debenedetti nel suo celebre, prezioso 16 ottobre 1943, in assoluto la prima memoria scritta della Shoah italiana. La vicenda sarà raccontata, nel 1961, da Carlo Lizzani ne L’oro di Roma, uno dei film che il regista girò sull’argomento – ricordiamo, fra gli altri Achtung! Banditi!” (1951); “Il processo di Verona” (1963); “La guerra segreta” (1965); “Mussolini ultimo atto” (1974).

Lizzani, nato nel 1922, aveva solo 16 anni quando vide i suoi compagni di classe ebrei essere allontanati dalla scuola; ciò lo rese gradualmente sempre più attento e sensibile ai cambiamenti economici, politici e sociali che l’ascesa e il successivo declino del regime avevano portato. Il film descrive con toni inevitabilmente accorati gli avvenimenti drammatici di quelle giornate convulse intrecciati al ‘romanzo privato’: la richiesta dell’oro da parte di Kappler (Irag Anvar), la raccolta in tempi tanto rapidi che non ci fu bisogno neppure dell’aiuto ufficiosamente assicurato dalla Santa Sede, i sentimenti di una comunità ebraica divisa tra chi vuole consegnare il poco oro (gli ebrei rimasti nel ghetto non erano tutti ricchi come comunemente si crede, o erano impoveriti dalle leggi razziali) e chi non si sfida dei nazisti; la ribellione di un gruppo di giovani capeggiati dal calzolaio Davide (Gerard Blair), che arriva a scontrarsi con gran parte dei membri della comunità e con il precetto del rifiuto della violenza; la storia d’amore fra Giulia e Massimo (Anna Maria Ferrero e Jean Sorel, rispettivamente), uno studente di medicina cattolico col quale la ragazza – che infine si consegna volontariamente in mano ai tedeschi per seguire suo padre e la sua gente – vorrebbe sposarsi.

Tratto proprio dal romanzo di Debenedetti e sceneggiato da Battistrada, Lecco e Lizzani, il film tratteggia con delicatezza e qualche accento patetico i diversi personaggi, dal ragazzo che si ribella, sconcertato di fronte alla passività della sua gente che odia ogni forma di violenza, a Simone che si pugnala davanti ai tedeschi preferendo morire piuttosto che consegnare l’oro, a Giulia che abbandona l’uomo che ama e la sua sicura salvezza per un dovere morale. Le strade di Roma sono sempre vuote, a significare il vuoto di una società che ha lasciato soli gli ebrei, la comunità israelitica affronta con coraggio, ma senza speranza, il tragico ennesimo tradimento.

Il film non è perfetto, perché innesta sulla materia storica e corale il romanzo privato, che porta a un finale retorico, ma ha il merito di aver portato a conoscenza del grande pubblico un episodio trascurato della guerra e della persecuzione degli ebrei. A guerra finita, l’oro di Roma fu trovato intatto nella cassa, in un angolo dell’ufficio di Kaltenbrunner.

🛑 Il film è disponibile su Youtube.

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