di Simone Lorenzati

Ha salutato questo mondo, purtroppo, Bertand Tavernier, lo scorso 25 marzo. Ma la sua opera davvero immortale sopravviverà anche alla sua dipartita. Ossia Round Midnight, in italiano tradotto – senza troppa enfasi né fatica – con A mezzanotte circa, è la storia di Dale Turner, un grande sax tenore, che (ri)torna a Parigi nel 1959, esattamente quindici anni dopo esservi già stato, deliziando i fans con il suo meraviglioso modo di suonare, modo che lo inserisce, di diritto, tra i grandi sassofonisti di quel periodo.
E’ un amante dello stile be-bop, come ben sa il giovane pubblicitario Francis Borler (Francois Cluzet) il quale, sempre a corto di soldi, passa intere serate sul marciapiede antistante il Blue Note, pur di riuscire ad ascoltare l’artista che adora e di cui possiede qualsiasi incisione. Ed una sera, finalmente, Francis trova il coraggio di offrire al suo idolo una birra, diventandone in tal modo amico. Francis lo assiste, lo aiuta con pazienza, lo recupera nei bar più infimi, nei commissariati e negli ospedali, stabilendo con quell’uomo limpidissimo, e che vive unicamente per la musica, un eccezionale rapporto, fatto di ammirazione, di bontà e di amicizia. E così Dale passa a Parigi un bellissimo periodo al tramonto della sua vita, ritrovando tutta la forza e la freschezza del suo originale talento creativo, suonando il sassofono e affascinando appassionati vecchi e nuovi, vivendo in pace con il giovane francese e la sua piccola, incidendo dischi e perfino rinunciando al vizio del bere. Ma un giorno l’America lo richiama: Dale Turner torna a casa. Tuttavia l’America è dura e, poco dopo, un telegramma annuncia a Francis che Dale non c’è più. E allora, tra lacrime e sorrisi, non gli resta che visionare di continuo, accanto alla bimbetta, i piccoli film con cui ha ripreso quel grande artista e riascoltare sui dischi quel suono immacolato ed intenso che lo aveva incantato fin dall’infanzia.

Chi ama il jazz, specie l’era be-bop coi suoi favolosi anni Cinquanta, si ritroverà in quelle immagini che fecero epoca e cornice ad una storia che é poi la sintesi di (quasi) tutto il jazz di quel periodo: un musicista dallo straordinario talento ma con continui problemi di droga e alcol. Il film, originariamente, era ispirato alla figura di Bud Powell, pianista immenso, nonché al sassofonista Lester Young, grandissimo amico di Billie Holiday. E’ la forza della pellicola sta proprio nel suo protagonista principe, ossia Dexter Gordon. Un jazzista talentuosissimo che finì anche in galera per i suoi guai con l’eroina. E fu proprio lì che, nella biblioteca del carcere, divenne un grande appassionato di cinema. Così quando nel 1986 Tavernier gli chiese di recitare, accettò con entusiasmo, anche perché in realtà, doveva solo interpretare se stesso.

Insomma è lui – anche se nelle vesti di Dale Turner – a lasciare l’America per l’Europa, per Parigi. Parigi era una delle mete preferite dei jazzisti americani, grazie ai suoi caffè fumosi, siti nei sotterranei della città, l’atmosfera impagabile, la bellezza di un luogo unico, crocevia di mille anime e di altrettante differenti culture. Cluzet, nel film, interpreta la figura di Francis Paudras, che nella vita fu veramente amico di Bud Powell, nel suo periodo parigino. Come detto, pochi franchi in tasca, una bella e giovane moglie che se n’è andata lasciandogli in affido la figlioletta Berangere, che lascia spesso a casa da sola. In una scena indimenticabile vediamo Francis tornare a casa e sentire provenire dal suo appartamento musica a volume altissimo. Quando entra scopre che la figlia ha messo sul giradischi un album jazz: Berangere teme che il padre la picchi, mentre lui la abbraccia orgoglioso e soddisfatto. Capitolo a parte per Dexter Gordon, che è davvero straordinario: la pancia da bevitore di birra, occhiali da vista con lenti spesse, l’andatura dondolante e la parlata impastata di chi ha chiesto troppo alla vita.

E tuttavia protagonista di questo film, che peraltro non passa praticamente mai in tv, seguendo quella legge non scritta – ma spessissimo praticata – in base a cui il jazz sarebbe figlio di un Dio minore, non è solo la musica afroamericana. Sensibilità e tenerezza, infatti, regalano carezze di un’umanità indimenticabile, esattamente come indimenticabili risultano essere sia Gordon sia Cluzet. La colonna sonora, poi, è certamente un capolavoro, con lo stesso Gordon, Cedar Walton, Tony Williams, Bobby McFerrin, Chet Baker, Wayne Shorter e Lonette McKee, tutti diretti da Herbie Hancock. E fu proprio il pianista americano – che sconfisse il nostro Morricone con The Mission – a vincere il premio Oscar per la colonna sonora, nel 1987, l’anno dopo l’uscita del film (invece Dexter Gordon venne battuto, nel ruolo di miglior attore, da Paul Newman con ‘The verdict’).
Poi, chiaro, l’omaggio al jazz, specie a quello post bellico, è evidente, intanto partendo già dal titolo, ‘Round Midnight, che è una composizione del leggendario pianista Thelonious Monk. E quando Dale Turner, nel film, dice che “oggi suonano tutti alla stessa maniera, ma che quando noi l’avevano inventato quel linguaggio era nuovo”, dice una inconfutabile verità. E poi, appunto, il rapporto con Parigi, con continui riferimenti alla realtà. Quando arriva la cantante sul palco, a cantare col gruppo il celeberrimo standard “How long has this been going on?”, è chiaramente abbigliata come Billie Holiday, così come lo stesso modo di parlare di Dale Turner ricorda da vicino il folle, e spesso incomprensibile linguaggio, del contrabbassista Charlie Mingus.

Tutte citazioni e riferimenti che hanno il pregio di non cadere mai nella stucchevolezza della ricostruzione, grazie alla presenza di Dexter Gordon, che non può non darne un sapore di verità. E il messaggio del film si chiarisce ulteriormente quando ascoltiamo le ultime parole di Dale Turner al suo amico francese: “Spero solo che vivremo abbastanza per vedere un viale intitolato a Charlie Parker, una piazza a Duke Ellington, una strada a Dale Turner”. Insomma un omaggio toccante e poetico ad una serie di eccezionali artisti, spesso non considerati abbastanza dalla cultura ufficiale.
E per conto del regista francese ce lo dice – nel film – proprio Dale Turner/Dexter Gordon, osservando un quadro di Monet: “E’ come la musica di Count Basie”. Lacrime per chi ama il jazz. Insieme al tentativo di spiegare quella musica, e quella passione profondissima, a chi non lo conosce ancora.

Complimenti per questa recensione di un film esemplare, eppure dimenticato dai più (anche perché – come è scritto nel post – è escluso dalla programmazione televisiva). Condivido questo giudizio: “la sua opera davvero immortale sopravviverà anche alla sua dipartita. Ossia Round Midnight […]”. Credo anch’io che sia il vero capolavoro di Tavernier, un film che mostra una grande comprensione e conoscenza del jazz e della sua storia, e che riassume quest’ultima con intelligenza e immenso rispetto: il post approfondisce molto bene questo aspetto.
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