‘Selfie di famiglia’ (Francia/2018) di Lisa Azuelos

di Laura Pozzi

La separazione da un figlio è certamente uno dei momenti più delicati e significativi nella vita di un genitore, in special modo di una donna costretta a percorrere inevitabilmente una tappa obbligata della sua esistenza e a confrontarsi con l’inarrestabile passare del tempo. Selfie di famiglia (titolo originale Mon bébé), in uscita nelle sale dal 19 settembre grazie ad una regista talentuosa come Lisa Azuelos (già rivelazione con LOL- il tempo dell’amore) affronta la spinosa e in parte dolorosa questione da una duplice prospettiva regalandoci una commedia amara, efficace, squisitamente nostalgica e mai banale. Héloise (una luminosa e malinconica Sandrine Kimberlain) è una mamma single che si trova letteralmente “nel mezzo del cammin di nostra vita”. Moderatamente isterica, ironica al punto giusto e libertina quanto basta dopo un matrimonio fallito è di nuovo alle prese con una separazione: quella da Jade (Thais Alessandrin), la minore dei suoi tre figli e l’unica a condividere lo stesso tetto familiare. L’ammissione della ragazza ad un prestigioso ateneo canadese provoca in lei una frattura emotiva difficilmente sanabile, che alla lunga risulterà meno invalidante e più feconda di quanto possa sembrare. Nel disperato e tenero tentativo di esorcizzare quello struggente e ineludibile distacco la sempre più inquieta Héloise deciderà di filmare ogni singolo istante di quella vita in comune prossima all’addio. Ma non saranno certo un pugno di filmati resi immortali da uno smartphone a colmare il vuoto di un’assenza ed Héloise imparerà a sue spese e non senza fatica ad accettare la nuova condizione, che come tutte le cose lascia però intravedere un inaspettato ed invitante rovescio della medaglia. Lisa Azuelos nel tratteggiare il complicato rapporto madre figlia ci mette molto del suo a partire da Jade, interpretata non a caso da sua figlia Thais Alessandrin. Una scelta coraggiosa e più che mai azzeccata perché la ragazza oltre ad essere “cinematograficamente” perfetta sa padroneggiare alla grande una sceneggiatura che sembra conoscere da sempre. E infatti è la stessa regista ad ammettere la forte componente autobiografica del suo racconto, nato dalla folgorazione per Boyhood di Richard Linklater ed alimentato dall’imminente e reale partenza di Thais per il Canada. Tutto secondo copione verrebbe da dire, ma il fatto di averlo vissuto in prima persona conferisce a questo piccolo film una credibilità fuori dal comune e una sensibilità resa ardente da alcuni flashback preziosi e scintillanti. Soprattutto per quanto concerne il personaggio di Héloise una mamma sì, ma sopratutto una donna che fra mille difficoltà riesce sempre a scovare un pertugio di speranza. Una creatura fragile, non ancora cresciuta, ma determinata a concedere alla sua vita un meritato e se possibile esaltante secondo tempo. Ed eccola allora su quel toccante finale nel quale è quasi impossibile trattenere una lacrima, andare incontro al proprio futuro, con passo incerto ma con la lucida consapevolezza di essere ancora padrona e regina del suo destino.

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