L’indagine di Ennio Morricone

Spunti di riflessione su una colonna sonora che ha fatto scuola

di Bruno Ciccaglione

L’ispirazione non esiste, o meglio nel mio lavoro c’è per l’1%, il resto è traspirazione, sudore”. Basterebbe questa famosa dichiarazione di Ennio Morricone, per sfatare i miti più banali che circolano su di lui e sulla sua musica.

A questa idea della creazione artistica come di un processo dall’origine misteriosa, frutto del talento più che dello studio e del lavoro, Morricone si è sempre opposto. E infatti amava lasciare un po’ perplessi i suoi interlocutori minimizzando l’importanza dei temi, per il suo lavoro per il cinema. Una affermazione certo sorprendente, se si pensa ad alcuni dei suoi temi più belli: da quelli con cui inventò lo “spaghetti western” (i temi della “trilogia del dollaro”) ai grandi temi per orchestra e voce soprano solista (il Tema di Jill di C’era una volta il West o il Tema di Deborah per C’era una volta in America) fino a quello pare a lui più dolorosamente caro (Gabriel’s Oboe per Mission), per il quale non aveva vinto l’Oscar.

Sergio Leone e Ennio Morricone

Questa immagine di Morricone innanzitutto come “creatore di temi” è probabilmente molto legata alla collaborazione con Sergio Leone e al loro modo innovativo di lavorare: Morricone scriveva dei temi, in genere ciascuno per ogni personaggio del film e li consegnava a Leone già prima del film. Essi venivano poi utilizzati sul set per ispirare gli attori creando l’atmosfera e per guidare i movimenti di macchina, così da costruire una sintonia tra musica e immagini assolutamente unica. Poi si procedeva, a film montato, alla orchestrazione ed alla sincronizzazione ed al missaggio finale.

Ma Morricone, più che un creatore di temi, è stato un “matematico” della musica (non a caso è stato un grande appassionato di scacchi). Un indefesso lavoratore, formato ad una scuola in cui il compositore non scrive quasi nemmeno al pianoforte, ma solo con carta da musica e matita, alla scrivania. La musica viene ascoltata dal cervello del compositore appena dopo averla tratteggiata sulla carta. Ma questo è il frutto di anni e anni di studio, non di un evento magico o esoterico. Basti vedere Ennio di Giuseppe Tornatore.

E difatti Morricone è stato capace di sperimentare tanti modi diversi di lavorare per diversi registi, dalla improvvisazione pura (come con Dario Argento, insieme al Gruppo di Improvvisazione Nuova Consonanza) ad una scrittura quasi dodecafonica rigorosissima (con Montaldo) a seconda delle necessità dei film. Tra i tanti autori con cui ha stabilito un rapporto speciale e duraturo, con risultati eccellenti e anche stilisticamente variegati, c’è stato Elio Petri.

Elio Petri

Per Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto, Morricone scrive una delle colonne sonore più belle della sua carriera e in un certo senso rivela al mondo un compositore per il cinema il cui valore va ben al di là del pur straordinario lavoro fatto con Sergio Leone. Tanto che addirittura Stanley Kubrick, visto questo film, propose a Morricone di scrivere le musiche per Arancia Meccanica (una collaborazione che purtroppo, per vari motivi, non si realizzò).

Una delle immagini usate per la locandina di Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto

Morricone scrive solo due temi. Il primo è quello più famoso, che apre il film e che tornerà ricorrente in vari momenti, con il quale, racconta nel bel libro intervista ad Alessandro De Rosa “volevo che la perversità rappresentata nel film emergesse chiaramente (…). Un tango ambiguo melodicamente e armonicamente, ma al tempo stesso facile da cantare e memorizzare”. È un tema molto semplice: un arpeggio minore che viene ripetuto identico una volta un semitono sopra la tonalità originale ed una volta sotto. L’orchestrazione – la parte del lavoro più qualificante, secondo Morricone – resterà un modello che egli stesso riutilizzerà in altri film.

Il celebre tema iniziale di Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto

Il mandolino esegue il tema principale, il pianoforte è “preparato” (il cosiddetto tack piano, coperto cioè con un panno con dei chiodi), il marranzano evoca l’origine siciliana del protagonista, i bassi dei fagotti “dovevano ottenere – spiega Morricone – dei timbri intestinali, estremamente volgari”. Il tutto vuole  risultare “sporco” e “acido”. Nella seconda parte, a confondere ancora il gioco, assistiamo ad un ribaltamento degli accenti, che può benissimo essere interpretato come una sezione in tre quarti, a tempo di valzer, reso però ancora più sbilenco proprio dalla sua ambiguità ritmica, prima di ritrovare il tempo originale per il finale.

Gian Maria Volonté e Florinda Bolkan in una scena del film

Il secondo tema, intitolato Miraggio, è molto diverso e accompagna le scene di maggiore sensualità ed i giochi erotici più o meno perversi tra Gian Maria Volontè e Florinda Bolkan, che vediamo nei frequenti flashback durante il film. Dal punto di vista della scrittura qui il tempo è ternario ed il tema è più lungo e articolato, ma anche qui è pieno di frasi che si ripetono ogni volta mezzo tono più basse, delineando un movimento cromatico discendente che vuole sottolineare una sorta di discesa verso gli istinti più bassi. Sembra un pezzo di jazz, in cui l’oscillazione armonica attorno a diversi centri tonali crea un senso di instabilità continuo. L’orchestrazione, anche qui, è giocata sui bassi dei fagotti cui si contrappongono sensuali gli strumenti del registro alto dell’orchestra (flauti e archi). L’atmosfera è ovattata e torbida, il ritmo seducente e danzante, il marranzano è presente anche qui.

Gian Maria Volonté e Florinda Bolkan in una scena del film

Il valore clamoroso del lavoro di Morricone per questo film, la sensazione di trovarsi di fronte a qualcosa di davvero bello è probabilmente all’origine dello scherzo un po’ crudele e ormai celeberrimo messo in piedi da Petri ai danni dell’amico musicista. Dopo aver convinto l’amico a non partecipare al missaggio, in sala proiezione Petri gli mostrò il primo rullo del film utilizzando vecchie musiche di Morricone scritte per altri film, completamente diverse da quelle scritte per Indagine e accompagnando la visione con apprezzamenti sperticati per questo abbinamento immagini-musica. Quando Morricone ormai si era rassegnato a vedere la sua musica così duramente protestata dal regista, Petri svelò lo scherzo: “A Morrico’, abbocchi sempre!”

Nota bibliografica: Ennio Morricone, inseguendo quel suono. La mia musica, la mia vita, conversazioni con Alessandro De Rosa

4 risposte a "L’indagine di Ennio Morricone"

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