di Andrea Lilli –
Arcangela Felice Assunta Job Wertmüller von Elgg Espanol von Brauchich cioè Lina Wertmüller – è il titolo di una delle sue autobiografie – si è spenta ieri 9 dicembre a Roma, la città in cui era nata novantatré anni fa, il 14 agosto. Probabile che il mese di nascita non si trovi per caso nel titolo di questo film, uno dei suoi più intimi, così come supponiamo che la lunghezza del nome e cognome anagrafico fosse alla base del criterio chilometrico con cui battezzò tante sue creature cinematografiche.

Figlia di una romana e di un avvocato potentino di antica famiglia svizzera, che invano cercò di opporsi all’attrazione esercitata dal teatro sulla figlia, compagna di scuola e amica per la vita dell’attrice Flora Carabella, futura moglie di Marcello Mastroianni, che la introdusse nel mondo del cinema, aiuto regista di Federico Fellini in 8½, Lina Wertmüller è stata per gli ultimi quarant’anni del secolo scorso una protagonista eccentrica del cinema italiano non solo in quanto donna, mosca bianca (anche per il colore degli occhiali) tra colleghi maschi, ma anche per uno stile singolare. Cineasta infaticabile, sempre sorridente, univa un carattere forte all’irriducibile voglia di divertirsi lavorando. Il sodalizio con Giancarlo Giannini, suo attore prediletto, e Mariangela Melato ha riempito le platee negli anni Settanta con una serie di commedie grottesche memorabili nate dal gusto per la caricatura e la satira di costume. Mimì metallurgico ferito nell’onore (1972), Film d’amore e d’anarchia (1973) e Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto (1974) sono i tre film girati in rapida successione con la coppia Giannini-Melato: insieme a Pasqualino Settebellezze (1975), grazie al quale la Wertmüller è stata la prima donna candidata agli Oscar per la migliore regìa, segnano l’apice della vena creativa della regista romana, cui due anni fa fu riconosciuto l’Oscar alla carriera.

Se i suoi film degli anni ’70 sono esuberanza pura, Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto è una galoppata selvaggia e libera, diventata poi cult tra i più celebri del cinema nostrano. Per oltre due ore i cavalli di razza Giannini & Melato ci sollazzano con le loro schermaglie ideologiche e amorose in una performance irresistibile basata su una trama assai semplice: un naufragio di due opposti che prima si detestano, poi si amano. La settentrionale Raffaella Pavone Lanzetti, logorroica snob ricca bionda e reazionaria, e il meridionale Gennarino Carunchio, marinaio rude maschilista moro e comunista, alla deriva in mare aperto, perso il canotto e ogni contatto con la civiltà, trovano rifugio su un isolotto incantevole e deserto dove saranno costretti non solo a sopravvivere con mezzi di fortuna, ma anche ad ammettere una profonda attrazione reciproca, erotica e sentimentale. L’idillio dura per molti giorni, finché i due non vengono riportati “in salvo”, ovvero ai loro posti prestabiliti, familiari e sociali, cui non potranno più sfuggire.


Boom al botteghino, quando uscì Travolti irritò tutti, a destra a sinistra e al centro per le frecciate sarcastiche che perforavano le stereotipie di ogni schieramento ideologico, ma tutti andarono a vederlo. Fu un film davvero controcorrente rispetto al mainstream dell’epoca: sorprese il mix di comicità arguta e turpiloquio, di sarcasmo sociopolitico e contenuti erotici, lo schiavo che diventa il padrone, le meraviglie naturali di spiagge sarde incontaminate che dopo il successo del film vennero invase dal turismo di massa. Era un dono straordinario e liberatorio, per il pubblico italiano di quegli anni segnati da rigidi e bellicosi recinti politici, assistere collettivamente ad una favola in cui la lotta di classe potesse essere superata dall’anarchia di una satira che si beffa di ogni cliché, una fiaba per adulti in cui le distanze e rivalità sociali fossero annullate dall’ironia e dall’intesa sessuale, unici rimedi al ‘logorio della vita moderna’.


Ciò che gli italiani correvano a vedere al cinema era lo scontro/aggancio scandaloso tra l’ottusa arrogante capitalista e il rozzo testardo comunista, il rovesciamento degli equilibri di potere, la riduzione della guerra di classe a duello erotico, la tregua delle ideologie a letto, anzi nella sabbia e nei colori di Cala di Luna, golfo di Orosei. È un film grottesco, eccessivo e se vogliamo pacchiano, come sempre con Lina Wertmüller, ma qui pulsa una vena più profonda, si accarezza una speranza, prende corpo una prospettiva diversa dal solito caos ribellistico wertmülleriano con cui di tutto ci beffiamo, per adeguarci a tutto. Un sogno in più, che ovviamente svanisce con la fine del film. Il destino insolito travolge, poi torna quello solito che rimette le cose in ordine.
tu che m’eri amico un tempo / e poi mi camminasti sopra il cuore
Gennarino / Archiloco
Nove anni dopo Travolti da un insolito destino, uscirà Scherzo del destino in agguato dietro l’angolo come un brigante da strada (1983). L’estro della regista si era già appannato, la satira sociopolitica mostra unghie limate e denti indeboliti. E senza Giannini e Melato la musica cambia. Il Destino è sempre in agguato ma finché non ci salta addosso noi andremo a rivederci film come questo, con le risate non lo seppelliremo ma almeno lo prendiamo in giro. Diffidate delle imitazioni (lo scialbo sequel Swept Away, Ritchie 2002, con Madonna e il figlio di Giannini, Adriano).

bellissimi ricordi legati ai suoi film
"Mi piace""Mi piace"