di Bruno Ciccaglione

Diventata famosissima soprattutto nella versione strumentale, come sigla della serie televisiva che per 11 stagioni seguì il film M.A.S.H. di Robert Altman per cui fu scritta, la canzone Suicide is painless è uno dei più clamorosi esempi della capacità della musica, forse più delle altre arti, di trascendere le intenzioni consapevoli degli autori e di farci scoprire qualcosa di nuovo che gli autori stessi non avevano immaginato.
Un po’ presuntuosamente, Altman dopo i primi tentativi, decise di non essere in grado di scrivere il testo di una canzone “stupida” come quella che gli serviva: “qui ci vuole un idiota!”, aveva detto, e quindi si rivolse al figlio quattordicenne (chi c’è di più idiota, del resto, del proprio figlio adolescente?). Sulla musica dello stimatissimo compositore Johnny Mandel, il giovane Mike Altman scrisse il testo e diventò cosi milionario!
Robert Altman si trovava alle prese con una delle più belle scene di M.A.S.H., che ricostruisce parodisticamente una “ultima cena”, in un ospedale da campo statunitense in Corea, chiaramente ispirata al dipinto di Leonardo Da Vinci. Il protagonista della scena è un ufficiale, il dentista del campo, noto superdotato e per questo chiamato Cassiodoro nella versione italiana, che vuole suicidarsi dopo una cilecca, che lo ha convinto di essere diventato omosessuale. Fingendo di assecondarne i propositi suicidi, il personale medico del campo organizza la festa e la cena di commiato dal mondo del dentista, ma il veleno che verrà dato all’aspirante suicida sarà naturalmente un innocuo placebo e il risveglio in compagnia di una bella e sensuale infermiera riaccenderà gli appetiti sessuali del redivivo Cassiodoro, che felicemente rinuncia al suicidio.
La canzone nasce dunque per essere cantata in modo realistico durante questa cena di addio alla vita, dai partecipanti che danno l’estremo saluto all’amico e questo dovrebbe intanto sgombrare il campo da una interpretazione troppo facilmente letterale del testo. Non si tratta affatto di una celebrazione del suicidio: il suicidio di Cassiodoro infatti è “painless”, non doloroso, innanzitutto perché non è un suicidio reale, ma uno scherzo. Ma poi il risultato e la ricchezza di spunti che la canzone offre erano così suggestivi, che il brano diventerà – con grande arrabbiatura, pare, del compositore Mandel – la canzone dei titoli di testa del film, con gli sciami di elicotteri che trasportano i feriti al campo, per cui il testo ci introduce davvero al film assumendo un senso molto diverso.
“Through early morning fog I see Visions of the things to be The pains that are withheld for me I realize and I can see That suicide is painless It brings on many changes And I can take or leave it if I please” | Nella nebbia del primo mattino Ho visioni delle cose che stanno per avvenire, E dei dolori che mi saranno risparmiati. Me ne accorgo e capisco Che il suicidio non è doloroso Comporta tanti cambiamenti E se mi va posso decidere di farlo oppure no |
A questo punto tutto il testo si carica di nuovi significati. È malinconico l’arrangiamento, con le sue atmosfere cool e il fingerpicking della chitarra, con le voci armonizzate in modo elegante sui ritornelli – tutti elementi che evocano la musica west-coast – e il tono è distaccato e pungente, molto adatto per prepararci alla farsa irriverente e anti-retorica cui stiamo per assistere. Il suicidio ha un suo fascino non in assoluto, ma di fronte all’evidente assurdità della guerra, al palese dominio dell’arbitrio con cui la morte colpisce gli uomini impegnati in battaglia. Il suicidio, almeno, è qualcosa che possiamo controllare e autodeterminare. La guerra invece è pazzia pura. Almeno con il suicidio, come enfatizza il rallentando dell’ultimo verso, “puoi scegliere di fare come me, se ti va” (“And you can do the same thing if you please“), puoi decidere di farlo o no.
Ma nel passaggio dal film di Altman alla serie televisiva, qualcosa cambia ulteriormente. Quando una musica si associa a delle immagini, la combinazione ne cambia il senso, lo spirito, ma avviene anche il contrario: noi percepiamo una musica in modo diverso e perfino le parole di un testo cambiano il loro significato quando sono sovrapposte alle immagini in movimento (si pensi anche a I’m Easy in Nashville di Altman o a Late for the sky in Taxi Driver di Scorsese). L’ambiguità del testo del giovanissimo Mike Altman si prestava particolarmente a questa flessibilità intrinseca del brano, ma alla fine per la sigla dello show televisivo si preferirà utilizzare una versione strumentale. Se infatti la canzone nel film è il perfetto commento ad una commedia sulla morte, nella serie la canzone diventa il preludio per una commedia sulla vita.
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