La terrazza, di Ettore Scola (1980)

di Federico Bardanzellu.

La Terrazza, di Ettore Scola, uscito nel 1980, esprime egregiamente la crisi vissuta dalla sinistra intellettuale italiana, a partire dalla fine degli anni Settanta. Il decennio passato era stato contrassegnato dai crimini delle BR. Gli intellettuali, all’epoca, avevano appoggiato la contestazione e chiuso un occhio di fronte alle violenze degli extraparlamentari. Dopo la strage di Via Fani, tuttavia, erano rimasti spaesati e nello smarrimento più completo. Lo stesso Berlinguer, proprio in quel 1980, avrebbe dichiarato conclusa “l’esperienza della Rivoluzione d’ottobre”.

Scola ha saputo cogliere non solo lo smarrimento dei quadri di partito di fronte al prevedibile crollo del comunismo sovietico. Ma anche il disagio degli uomini di cinema e degli altri operatori della cultura, sino ad allora completamente allineati a sinistra. Le figure principali che agiscono ne La terrazza, infatti, appartengono tutte al mondo cinematografico o dei mass media, oppure sono parlamentari. Inoltre, il regista raffigura per la prima volta l’emancipazione della donna affiancando, ad almeno quattro dei cinque protagonisti, una compagna impermeabile alle loro elucubrazioni e che in un modo o nell’altro se ne libera. O quanto meno intende farlo.

Con La Terrazza, Scola consolida i meritati consensi ottenuti dalla critica per il precedente Una giornata particolare (David di Donatello 1978 per la miglior regia). In precedenza aveva ottenuto riconoscimenti soprattutto all’estero: il premio per la migliore sceneggiatura a Cannes 1976 per Brutti sporchi e cattivi; le candidature all’Oscar per il miglior film straniero nel 1978 con Una giornata particolare e nel 1979 con I nuovi mostri.

Trama e tecnica narrativa

L’ambientazione si svolge nella bella casa romana di una coppia salottiera ed in particolare sulla sua grande terrazza. L’originalità del film deriva dal fatto che la stessa scena si ripete cinque volte per proseguire ogni volta – partendo da un’inquadratura differente – con le vicende di un personaggio diverso. Per la loro interpretazione, Scola ha scelto tre “mostri sacri” del cinema italiano di allora (Mastroianni, Tognazzi e Gassman) e due grandi attori francesi (Trintignant e Reggiani). Gli ultimi due esordivano sotto la direzione del regista campano, che si affida alla fotografia dell’esperto Pasqualino De Santis.

Episodio 1

La prima vicenda è quella di uno sceneggiatore (Jean-Louis Trintignant) incapace di scrivere il copione d’un film commedia commissionatogli da mesi e, per tale motivo, in preda ad una pesante crisi di nervi. L’episodio termina con il protagonista che si maciulla un dito arrotandoselo in un grosso temperamatite. L’interpretazione di Trintignant è particolarmente robusta e incisiva. L’attore transalpino dimostra chiaramente di essersi ormai lasciato alle spalle il cliché del giovane timido da lui recitato ne Il Sorpasso di Dino Risi. Accanto a lui una Milena Vukotic che non avevamo mai visto così sensuale. Al tempo stesso Vukotic sa mostrarsi assolutamente indifferente alla nevrastenia del compagno. Sarà forse grazie a tale interpretazione che verrà poi scelta come Pina, moglie del ragionier Fantozzi – al posto di Liù Bosisio –, a partire dal terzo episodio della “saga”.

Episodio 2

La seconda vicenda è quella di un giornalista che ha perfettamente compreso la crisi delle ideologie politiche che si va sempre più diffondendo nel Paese (Marcello Mastroianni). Inguaribile donnaiolo, si rifugia nella seduzione per ritrovare, quanto meno sotto il profilo del piacere sessuale, quel senso della vita che ha perduto con la maturità. Per questo diventa un punto d’onore il riconquistare la più giovane ex-moglie (Carla Gravina), che a suo tempo lo aveva lasciato per crescere finalmente senza di lui. La donna è infatti diventata una giornalista politicamente impegnata in rivendicazioni femministe ed è ormai molto più famosa del marito, apparendo frequentemente in televisione. Mentre l’interpretazione di Mastroianni nulla aggiunge (e nemmeno toglie) alla sua grandezza, quella di Carla Gravina è semplicemente eccezionale. Tanto che vincerà a Cannes 1980 il premio per la miglior attrice non protagonista.

Episodio 3

La terza vicenda è quella di un funzionario RAI (Serge Reggiani) alle prese con la riduzione televisiva del romanzo d’appendice Il Capitan Fracassa di Théophile Gautier. Relegato in una stanzetta dall’azienda, la solitudine e l’indifferenza lo gettano nella depressione più profonda e poi nell’anoressia. Infine si reca sul set del suo romanzo e, in preda ad uno scompenso cardiaco per denutrizione, muore nella neve proprio come Matamoro, uno dei protagonisti del libro di Gautier. Probabilmente il romanzo in questione era uno dei preferiti di Scola, il quale, dieci anni dopo, ne girerà un film (Il viaggio di Capitan Fracassa) con Massimo Troisi.

Episodio 4

Anche il quarto protagonista (Ugo Tognazzi), pur non essendo stato abbandonato, non ha più alcun rapporto con la moglie (Ombretta Colli), anch’ella decisa ad intraprendere una carriera indipendente. Lui è infatti un ricco produttore cinematografico di film di cassetta, committente tra l’altro della sceneggiatura che avrebbe dovuto scrivere il protagonista della prima vicenda (Trintignant). Per riconquistare la consorte, acconsente a produrre la scabrosa pellicola di un altezzoso regista da lei segnalato. Secondo taluni quest’ultimo sarebbe la caricatura di Nanni Moretti, salito proprio allora alla ribalta. Nonostante tutto alla fine il film riscuote il consenso della critica, dimostrando che l’esordiente moglie ha maggior fiuto llartistico dello “scafato” produttore.

Episodio 5

L’ultimo protagonista è un deputato del PCI, interpretato da Vittorio Gassman. Truccato con una capigliatura che ricorda quella di Gramsci, recita in un ruolo serio molto simile a quello di C’eravamo tanto amati. Nulla a che vedere con Il Mattatore o il protagonista de Il Sorpasso messi sul set da Risi e nemmeno con il monicelliano Peppe er pantera. Oltre alla crisi ideologica del suo partito, infatti, il deputato Gassman è attraversato anch’egli da una crisi familiare. Tenta di evadere, provando di sedurre un’invitata della terrazza (Stefania Sandrelli) che inizialmente lo rifiuta. Poi è lei a provarci, con successo. In questo, Scola dimostra di aver saputo cogliere l’avvenuto passaggio dell’iniziativa sessuale dall’uomo alla donna, proprio a partire da quegli anni. Nasce una relazione extraconiugale, di cui si interessano anche i magazine. Alla fine lei chiede di più. Vuole un rapporto esclusivo e alla luce del sole. Il parlamentare, però, declina l’offerta, ritenendosi inadeguato o forse addirittura immaturo. La recitazione di Stefania Sandrelli è straordinariamente efficace, tanto che vincerà il Nastro d’Argento 1980 come miglior attrice non protagonista.

Scena finale

Un anno dopo, i protagonisti (tranne chiaramente Reggiani) si ritrovano sulla stessa terrazza. Il tempo sembra aver cancellato ancor più quel che restava della loro labile consapevolezza. I rapporti tra loro e le rispettive compagne sono diventati ancora più epidermici. Alla fine una tempesta di pioggia costringe tutti quanti a rifugiarsi all’interno della casa. È forse il presentimento dell’imminente tempesta che spazzerà via ogni ideologia sociale dall’Italia, consegnando il Paese all’individualismo godereccio berlusconiano. Il film termina con i quattro protagonisti sopravvissuti che cantano in coro canzonette degli anni Trenta, accompagnati da un pianoforte.

Altri attori

In ognuna delle sei ambientazioni nella casa romana con terrazza è presente una ragazza diciassettenne. È invitata dal figlio dei proprietari ma lo trova solo nella scena finale dell’anno dopo. Non senza aver nel frattempo rifiutato le avances del donnaiolo Mastroianni. La ragazza è interpretata da Marie Trintignant, figlia di Jean-Louis. Nella vita reale sarà uccisa nel 2003 dalle percosse del suo compagno.

In molte scene appare Stefano Satta Flores, che interpreta in modo efficace la parte di un critico cinematografico. Un ruolo che Scola gli aveva già sostanzialmente affidato in C’eravamo tanto amati (1974). Molto degna anche la partecipazione di Maurizio Micheli.

Non possiamo tralasciare di citare Galeazzo Benti, nel ruolo di un attore sempre più deluso del cinema italiano. Come nella vita reale l’attore, dopo aver avuto grande successo come caratterista in Venezuela, è continuamente messo da parte e dileggiato. Almeno sino a questa interpretazione.

Infine, sullo sfondo, Scola fa apparire, tra i tanti invitati, i veri intellettuali di sinistra dell’epoca: Ugo Gregoretti, Lucio Lombardo Radice, Citto Maselli, Lucio Villari.

Originalità della sceneggiatura

Oltre ai premi ricevuti da Carla Gravina e Stefania Sandrelli, il film otterrà la nomination per la Palma d’Oro al Festival di Cannes 1980. La sceneggiatura dello stesso Scola, con la collaborazione di Age e Scarpelli, sarà premiata sia a Cannes che con il Nastro d’Argento. Come si è visto, non è affatto una delle sceneggiature comiche alle quali i tre ci avevano abituato nel quarto di secolo precedente.

Addirittura, Scola, Age e Scarpelli scrivono per il deputato Gassman un discorso contenente principi etici molto profondi. Gassman lo pronuncia proprio al Congresso del PCI, al Palazzo dello Sport, di fronte a Berlinguer, Jotti, Ingrao, Natta ed altri reali esponenti di partito. Dopo aver fatto riferimento al diritto del genere umano alla felicità, principio contenuto in molte costituzioni, il parlamentare fa outing di fronte a tutti, confessando la sua relazione extraconiugale. Poi però si chiede se sia giusto ricercare la propria felicità mettendo in crisi quella di altre persone (i propri familiari) che nulla hanno fatto per meritare di essere infelici. La risposta è lasciata allo spettatore.

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