La terra trema, di Luchino Visconti (1948)

di Roberta Lamonica

Le lampare e la pesca

«Ho trascorso il Natale con i ‘miei pescatori’…», scriveva Visconti ad Antonioni durante il suo sopralluogo in Sicilia per La terra trema. Un film che raccontava un mondo lontanissimo da quello colto e raffinato dell’aristocratico regista milanese. Un mondo che Visconti voleva analizzare nelle sue implicazioni politiche e sociali, nelle pieghe di conflitti sopiti tra oppressi e oppressori, qui rappresentati dalle ‘nuove lobbies’ dei grossisti nei confronti di poverissimi e umili pescatori. Sceneggiato con Antonio Pietrangeli, con Francesco Rosi e Franco Zeffirelli come aiuto registi, Luchino Visconti firma questo capolavoro ispirato a I Malavoglia di Giovanni Verga.

La conservazione delle acciughe

E nonostante le differenze con il romanzo verista siano irrilevanti per ciò che riguarda la trama, non lo sono per ciò che riguarda le motivazioni di fondo. Commissionato dall’allora PCI, Visconti sposa la causa sociale e rifiuta l’idea che i suoi protagonisti siano destinati da sempre a vivere in una condizione di miseria, e che a ciò si debbano rassegnare con cristiana accettazione. Per questo trasforma la ribellione dei pescatori ai grossisti di pesce in una rivolta ‘politica’ tesa a un cambiamento radicale della struttura sociale siciliana.

‘Ntoni

Visconti racconta il dramma di una famiglia di pescatori siciliani – i Valastro – e il loro tentativo disperato di affrancarsi dalla condizione di oppressione e povertà in cui versano. Diviso in tre ‘tempi’, si assiste alla graduale disgregazione di un nucleo familiare che tenta di emanciparsi dalla propria condizione acquistando una barca per pescare in proprio e rivendere il prodotto direttamente. Un naufragio metterà ‘Ntoni, il capofamiglia, di fronte all’impossibilità di alterare il proprio destino e lo punirà con la degradazione morale dei membri più giovani della sua famiglia. Recitato in dialetto siciliano stretto da attori non professionisti – gli abitanti di Aci Trezza, tra cui spiccano le due sorelle Giammona – il film doveva comporsi di tre episodi (il secondo ispirato ai minatori delle zolfare e il terzo ai contadini soggiogati dai latifondisti) ma alla fine venne realizzato solo l’Episodio del mare.

Le sorelle Giammona

E il mare è il vero protagonista del film, insieme agli abitanti del paese che ne seguono il respiro e gli umori. Da cui il mare calmo è associato alla prosperità, alla speranza, all’amore, mentre il mare in tempesta è legato alla paura, alla rabbia e alla miseria. E il paese si muove con la funzione di coro insieme al mare, ora quieta risacca, ora tempesta furiosa. La terra trema ha le caratteristiche di un documentario – Finis Terrae (1923) di Jean Epstein ha ispirato Visconti e il Flaherty de L’uomo di Aran (1948), nell’immagine delle donne, moderne Parche, che aspettano a riva il ritorno dei loro uomini da un mare in tempesta, ad esempio -. Ma la costruzione perfetta delle scene e l’eleganza estetica delle inquadrature ne fanno un caso unico nel cinema neorealista, in cui con profondo lirismo e umana compassione Visconti tratteggia un ritratto partecipato e indimenticabile dell’operosità, delle tradizioni e delle dinamiche sociali di un paese che sembra sospeso nel tempo.

Le donne Valastro attendono il ritorno

I simboli di una vecchia e nuova coscienza politica (‘W il Re’ o il simbolo del PCI dipinti su muri e scogli), nonostante siano tema centrale dell’analisi viscontiana, restano sullo sfondo della vicenda umana di questo gruppo per cui non vi è alcuna possibilità di riscatto. Per sottolineare l’aspetto sociale della vicenda, Visconti ha fatto ricorso al commento parlato che rimane estraneo all’opera, quasi un’invadente didascalia. Nel 1950 Francesco Rosi curò una versione che risultasse più comprensibile a un pubblico non siciliano, inserendo un doppiaggio con parti in italiano e parti in un dialetto siciliano meno stretto. La terra trema ci lascia immagini indimenticabili di un mondo cristallizzato, dolente ed elegiaco.

Nelle parole di Michelangelo Antonioni: “Si pensi alla scena d’amore fantasiosamente risolta con quella corsa ariosa per prati e rocce, col rumore del mare, e di un treno; alla scena degli ubriachi di notte, col suo ritmo interno lento, ondulato, e il fischiettare soddisfatto e osceno, del maresciallo; e quel singolare momento in cui ‘Ntoni ritorna dall’avere ipotecato la casa, ed è una bellissima mattina ad Acitrezza, le donne sono sui terrazzi e parlano forte tra loro; grida, risate, richiami, rumori echeggiano nell’aria limpida, e ‘Ntoni si stende sull’erba, le gambe accavallate in primo piano. C’è qui un’intuizione precisa e sensibile della Sicilia e della sua gente, c’è l’interpretazione esatta di un concetto di Dino Garrone relativo ai personaggi verghiani: «Il cosmo è il loro grande orologio».

Un’opera necessaria per apprezzare il fondamentale contributo di Visconti al Neorealismo.

Antonio Arcidiacono

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