L’uomo che uccise Liberty Valance, di John Ford (1962)

di Bruno Ciccaglione

Dopo i grandi spazi dipinti con la macchina da presa in un capolavoro come Sentieri selvaggi, che avevano fatto della Monument Valley l’immagine iconica dell’America, con L’uomo che uccise Liberty Valance John Ford torna in studio e al bianco e nero, per realizzare un film che è un romantico addio al mondo del West ed un grande film politico.

Se la scelta di tornare ad una dimensione più intima e soprattutto di abbandonare i grandi scenari naturali in cui Ford aveva ambientato molti suoi film gli avevano attirato non poche critiche, il film è stato in seguito molto rivalutato dalla critica ed è ormai considerato un classico e uno dei migliori film di Ford. Sergio Leone, che aveva scovato proprio in questa pellicola, tra gli scagnozzi del bandito Liberty Valance, quel Lee Van Cleef che sarà poi uno dei protagonisti del suo cinema, considerava questo il suo film preferito di Ford, perché secondo lui per la prima volta Ford aveva “imparato una cosa detta pessimismo”.

Lee Van Cleef e Lee Marvin, che interpreta Liberty Valance

La scelta del ritorno al bianco e nero, se aveva probabilmente a che fare anche con necessità di budget, consente tuttavia a Ford una esplorazione molto più profonda della psicologia dei personaggi principali e gli garantisce, grazie alla padronanza del linguaggio cinematografico, la realizzazione di immagini bellissime, che continuano a ispirare ancora oggi. Del resto come dirà in una intervista, con Il bianco e nero “devi sapere quello che fai e stare molto attento a disporre correttamente le ombre e ottenere la prospettiva giusta. Per una buona storia drammatica preferisco di gran lunga lavorare col bianco e nero. Si può dire che sono antiquato, ma la vera fotografia è in bianco e nero”.

James Stewart, John Wayne e John Ford sul set de L’uomo che uccise Liberty Valance

La storia, costruita con un prologo e un epilogo a racchiudere un lungo flashback, evoca il passaggio dall’epoca del Far West delle pistole a quella del diritto e della legge, rappresentati iconicamente da Tom Doniphon (John Wayne) e dal giovane avvocato Ransom Stoddard (James Stewart). Ai due “buoni”, che rappresentano le due culture che si danno – non senza frizioni, ma alla fine ciascuna riconoscendo l’altra – il cambio della guardia nel momento della nascita dello stato moderno, si contrappone il “cattivo” Liberty Valance (uno straordinario Lee Marvin), un bandito che imperversa in città imponendo con la violenza il proprio arbitrio.

Al fianco di questi personaggi principali, come sempre avviene nel cinema di Ford, una serie di personaggi minori che però sono essenziali per fornire il quadro corale della nascita di una nazione che interessa a Ford: intanto Hallie (Vera Miles), che rappresenta in pratica l’unica figura femminile del film, oggetto del contendere tra i due personaggi di Wayne e Stewart. Hallie è chiaramente un personaggio che metaforicamente incarna l’America. Anche se il suo personaggio non ha certo lo spessore che avrà poi la Jill/Claudia Cardinale di C’era una volta il West di Leone – che le assegna il ruolo di protagonista nella costruzione del paese che sarà – non a caso tra i due contendenti la donna sceglierà l’uomo del futuro, quello che vuole costruire l’America del diritto, pur mantenendo un atteggiamento di grande gratitudine e amore per l’uomo che – pistola alla mano – permetterà concretamente il passaggio da un’epoca all’altra.

Vera Miles e Woody Strode

Poi ci sono il direttore del quotidiano locale (ubriacone eppure pronto a rischiare la vita per la libertà di stampa), lo sceriffo (che nella sua goffaggine prefigura però una autorità che si imporrà più per la sua conoscenza del diritto che non per la sua capacità di usare la pistola), l’ex schiavo afroamericano Pompeo – interpretato dal grandissimo Woody Strode – l’unico vero amico di Doniphon/Wayne, che si impegna a imparare la Costituzione in cui “tutti gli uomini sono uguali”.

Una delle scene più emblematiche è proprio quella della scuola, in cui siedono assieme uomini e donne, bambini e anziani, bianchi, neri e ispanici. Il giovane avvocato interpretato da James Stewart non si limita affatto a insegnare a leggere e a scrivere: assistiamo a una vera e propria lezione di educazione civica, sul senso della democrazia e della formazione della volontà popolare. È qui il futuro del paese secondo Ford, molto più che nei momenti più formalmente politici, che vedremo in seguito. Sia al momento dell’elezione dei rappresentanti per la costituente dello Stato, che nell’assemblea per l’invio dei rappresentanti a Washington, assistiamo a scene esclusivamente popolate da figure maschili, in cui il conflitto tra mistificazione e prepotenza è sempre presente.

Ford si guarda bene da un atteggiamento manicheo, i buoni da una parte e i cattivi dall’altra. Liberty Valance non è cattivo per indole, ma è solo lo strumento dei grandi allevatori. È il conflitto di interessi in atto nel West che viene ritualizzato nel conflitto tra i personaggi. Come spiega Stoddard/Stewart ai cittadini prima di votare per eleggere i propri rappresentanti: “Gli allevatori vorrebbero che il nostro restasse un territorio libero, regolato naturalmente dalle leggi che gli fanno più comodo. Ma noi, e intendo tutti quanti qui presenti, vogliamo lo Stato! Vogliamo lo Stato perché esso significa la difesa delle nostre proprietà e dei nostri diritti e scuole per i nostri figli e l’avanzare del progresso”

Il momento dell’elezione dei rappresentanti da mandare alla costituente

Se Stoddard/Stewart prefigura il cittadino del futuro, lo fa non solo attraverso la conoscenza del diritto e la sua aspirazione a superare una legge imposta con la forza delle pistole, ma anche con i suoi comportamenti e la sua stessa presenza fisica: oltre ad insegnare a tutti a leggere e scrivere, accetta dei lavori che tutti considerano da donna o da schiavo (lavare i piatti e servire a tavola nel saloon) e per gran parte del film lo vediamo indossare un grembiule da cucina, non esattamente il modello dell’eroe del far west.

Eppure il personaggio centrale – vero cuore del film – non è l’uomo di successo che ha costruito la sua carriera politica su una leggenda di cui scopriremo l’ambigua ma irresistibile mistificazione nel finale, bensì il suo amico e antagonista Doniphon/Wayne. Se pare confermato che John Wayne – che in questa come in altre occasioni sul set fu trattato malissimo da Ford – non avesse colto la profondità e l’importanza del suo personaggio, lamentandosi del fatto che le scene migliori fossero affidate a James Stewart, tuttavia la centralità del suo personaggio è chiarissima nella messa in scena di Ford. E sono pochi gli attori su cui si può creare una aspettativa così grande senza poi deluderla, come quella che fin dall’inizio del racconto si costruisce sulla figura di Doniphon e che John Wayne non delude mai.

Doniphon è il personaggio chiave perché pur essendo un uomo del passato – è l’unico pistolero capace di affrontare senza timore Liberty Valence – tuttavia è istruito e capace di capire che la sua epoca storica volge al termine. È sconfitto due volte, sia perché non sarà lui a guidare la trasformazione della società che sta avvenendo, sia perché Hallie gli preferirà Stoddard. La scena in cui ubriaco e depresso dà fuoco alla propria casa, segnala la cupa consapevolezza del suo personaggio sulla necessità di farsi da parte. Eppure è anche il vero vincitore: è solo grazie al suo essenziale ruolo oscuro ed alla sua capacità di farsi carico di tutte le colpe del passato, sue come di tutti gli altri, che nascerà la leggenda dell’uomo che uccise Liberty Valance.

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