Jean Vigo – ‘L’Atalante’ (1934)

di Roberta Lamonica

Jean Vigo: ventinove anni, quattro film, quattro opere imprescindibili (‘Zero in condotta’, ‘A proposito di Nizza’, ‘Taris, il nuotatore’ e ‘L’Atalante’).

Jean-Vigo_________-e1560243510841Vigo è un cineasta fondativo con cui si inaugura una nuova stagione del cinema europeo. La sua è un’opera libera e anarchica che irride le convenzioni borghesi, contro un’esistenza programmata, sterile e codificata da regole morte. Il cinema di Vigo è libero non solo nelle intenzioni e nel risultato poetico, ma anche perché sa essere in linea con ciò che sta accadendo in tutte le altre forme espressive di quel periodo: nelle arti figurative e nella letteratura, pura sperimentazione artistica. Può essere considerato un precursore del realismo poetico che vedrà in Renoir il massimo rappresentante.

Il suo cinema innovativo nasce grazie all’incontro con Boris Kaufman, fratello di Dziga Vertov (‘L’uomo con la macchina da presa’, film fondamentale per la rivoluzione che opera nel linguaggio del cinema). Nonostante amasse nascondere i tagli, adorasse i piani sequenza e un montaggio incalzante, nella sua opera anarchica e critica in realtà c’è sempre una vena di tenerezza e poesia. La sua è l’incarnazione di un cinema che – dopo la prima guerra mondiale – legge e vede la fine di un mondo, di qualcosa che non tornerà più.

jean vigo 2Franco Maresco ha associato il cinema di Vigo alla musica di un artista maledetto del jazz Bix Beiderbecke, che muore giovanissimo e alcolista ma che riesce negli anni Venti a produrre un suono profondo, poetico, leggero, meraviglioso mai sentito prima. Perché il jazz? Perché il jazz è libertà, ritmo, novità, affrancamento dall’accademia pur rispettando i canoni della tradizione. Il cinema di Vigo è anch’esso ritmo, appunto. Il montaggio dei suoi film si caratterizza per la poliritmia e i cambi continui di tempo. Ci sono momenti nel suo cinema in cui dei frame sembrano fotografie, più che riprese cinematografiche. Vigo comprime il grottesco ed espande il poetico, a volte improvvisamente accelera, invece. Ma se consideriamo Vigo come un anarchico, così dobbiamo considerare il suo cinema e i film anarchici non sovvertono, ‘disturbano’ l’ordine e ciò che è universalmente accettato, piuttosto. Il tratto anarchico di Jean Vigo è particolarmente evidente in ‘Zero in Condotta’ mentre ‘L’Atalante’ può -senza tema di smentita- essere considerato come una delle più belle storie d’amore -delicatamente venata di realismo poetico- mai portate sullo schermo.

atalante barcaL’Atalante è il nome della barca su cui si svolge gran parte dell’azione del film. Jean e Juliette (J.Dastè e D. Parlo), appena sposati, vanno a vivere su una chiatta che si culla sulla Senna e i suoi canali, e si trovano ad affrontare le difficoltà del vivere insieme. Con loro Père Jules (uno strepitoso Michel Simon) e un giovane mozzo. Lei deve abituarsi a vivere su una barca e passare dalla sua condizione di ragazza semplice ma con i piedi ben piantati per terra a quella di ‘raminga’ che tocca la città solo per poco, vivendo e immaginando una vita in prospettiva negli spazi limitati e limitanti della chiatta. Lui deve abituarsi a condividere il suo spazio con un’altra persona e modificare le sue abitudini da scapolo. Vivere insieme ventiquattr’ore su ventiquattro, smussare gli angoli, fare compromessi segna l’inesorabile passaggio dal vedere la vita con gli occhiali rosa al guardarla con gli occhi umidi di pianto. Attratta dal fascino della città, una sera Juliette lascia la barca e si reca a Parigi. Quando lo scopre, per la rabbia, Jean costringe Père Jules a mollare gli ormeggi.

Ma presto Jean cade in depressione e Père Jules va a cercare Juliette in città. La trova mentre ascolta una canzone tradizionale marinaresca. Nel finale la coppia si ricongiunge e riprende serena la navigazione sull’Atalante.

atalante grande 3

La storia è molto semplice, dunque. Dopo essersi abituati a vivere insieme i due innamorati devono abituarsi a vivere separati. C’è una bellissima scena di stampo squisitamente espressionista nel film, in cui entrambi si svegliano nel cuore della notte, lontani fisicamente eppure vicinissimi nel desiderio di stare insieme. Vigo sovverte l’idea di amore coniugale del periodo, rappresentando invece un amore violento, un desiderio incontenibile, una passione febbrile.

Quando i due si ricongiungono, alla fine, rimane l’inquietudine di sapere che un rapporto così passionale non potrà risolversi con una tranquilla navigazione sul letto del fiume, per sempre.

E tutto il film si muove su questa ambiguità.

La città, vista come luogo pericoloso e tentatore, viene contrapposta al microcosmo idilliaco della chiatta, salvo poi mostrarsi salvifica per Juliet, abbandonata da Jean. Père Jules, che ha vissuto tutta la vita per acqua, è il marinaio fenicio non annegato, che si muove a suo agio nella dimensione urbana e cosmopolita come sulla piccola chiatta.

Un’altra scena bellissima in cui si invertono e si sovrappongono le posizioni è all’inizio, quando Juliette confessa di aver sempre saputo che avrebbe sposato Jean perché aveva visto il suo volto riflesso in un secchio pieno d’acqua. Lui ride di questa sua ingenuità salvo poi, più avanti nel film, buttarsi nel canale per poterla rivedere in quelle acque, proprio come lei aveva detto d’aver fatto con lui. La sequenza è celeberrima. Jean si immerge ad occhi aperti fino a quando non vede l’immagine eterea di Juliette con un sorriso dolcissimo che lo guarda.atalante 0

L’Atalante può rimandare in qualche modo ad ‘Aurora’ (‘Sunrise: a Song of two Humans’), film del 1927 di F. W. Murnau, anche se il film di Murnau rappresenta l’epitaffio dell’epoca d’oro del cinema muto e L’Atalante, in qualche modo un manifesto. Eppure l’idea dell’amore-sogno è un tema fondamentale in entrambi i film. Interessante è il personaggio di Père Jules, anarchico, primitivo, sregolato, portatore di una carica vitale prerazionale e istintuale. La sua vita vissuta, con ricordi e frammenti di luoghi nello spazio all’interno della chiatta, il suo amore per i gatti che occupano fisicamente in modo importante ogni angolo dell’Atalante, lo rendono una figura pivotale che porta un elemento di dinamismo nella storia. Michel Simon si impadronisce del personaggio, rendendolo immortale con la sua incredibile abilità di improvvisazione: Simon mette su un numero di marionette, suona la fisarmonica, fuma dall’ombelico, prova i passi di un ballo russo e molto altro, in una performance incredibile e assolutamente unica nel suo genere. Meno interessante è il giovane mozzo che è con lui, un rimando evocativo alla vita vissuta sulle barche di Père Jules, forse non così necessario e sicuramente meno significativo degli oggetti e azioni che raccontano il vecchio marinaio.

l'atalante pere jules

La musica nel film, a firma di Maurice Jaubert, è estremamente efficace e la fotografia è splendida. Quando Juliet si muove sulla barca in movimento, alla luce fioca e tremula della notte, si ha la sensazione di una bellezza eterea e inafferrabile. La fotografia di Boris Kaufman usò tutti gli elementi naturali al meglio. Quando pioveva accentuò l’atmosfera piovosa e quando c’era nebbia se ne servì per rendere l’atmosfera impalpabile, indistinta.

In generale, L’Atalante può essere assunto come esempio di un cinema che attribuisce il predominio assoluto alle immagini e non alla storia. Vigo riesce nella complessa operazione di trascendere il soggetto di partenza, utilizzandolo come contenitore in cui riversare la propria infinita ispirazione creativa. La sua attenzione a episodi marginali e quotidiani, risulta funzionale a creare un clima di intimità e condivisione con le vicende dei protagonisti, per sempre insieme ma mai davvero paghi del loro destino.

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