Carlo Verdone, non definiamolo erede di Sordi

di Federico Bardanzellu.

La reiterata pretesa di Carlo Verdone di farsi accettare come erede artistico di Alberto Sordi trova pochi punti di contatto.

Carlo Verdone. Sin dall’inizio della carriera ha cercato di imporsi come erede di Alberto Sordi, sia per la sua origine romana, sia per la comicità del suo personaggio. Tale pretesa l’ha manifestata esplicitamente allo stesso Sordi in una diretta televisiva di molti anni fa, forse un po’ a tradimento. Tanto che alla fine lo stesso Sordi fu costretto a chiudere con la battuta: «Ma io ti ho già riconosciuto come figlio!» (riferendosi al film con Verdone, da lui diretto: “In viaggio con papà”). Il critico, peraltro, non può che far notare la differenza tra i due personaggi. Accomunati soltanto dall’origine e dalla comicità delle interpretazioni.

Prioritariamente va evidenziato il loro differente rapporto con l’attività di regia. Sordi è stato regista soltanto per una minoranza dei suoi film e solo a partire dall’età matura. Verdone ha praticamente diretto sé stesso in tutti i film. Questo non è un punto a favore di Verdone.

Sordi, prima di interpretare un film da protagonista, è dovuto entrare dalla porta di servizio del doppiaggio, della rivista e della radio. Solo dopo questa difficile trafila grandi registi come De Sica, Fellini, Dino Risi, Monicelli, Loy, Scola, Comencini ed altri lo hanno scelto come protagonista e co-protagonista delle loro opere.

Verdone, invece, ha usufruito dell’autostrada spianata offertagli dal padre professore universitario di storia del cinema, con tutte le  relative conoscenze nell’ambiente cinematografico. Quando ha proposto i suoi personaggi a Sergio Leone questo gli suggerì di essere il regista di sé stesso. Un modo come un altro di rifiutare di firmare un film con lui.

In Sordi non solo intelligente satira di costume ma anche problematiche politico-sociali

Ma ciò che fa la differenza fra i due è l’ambientazione politico-sociale di moltissimi personaggi di Sordi, contrapposta alla assoluta assenza di ciò nei film di Verdone. In Sordi troviamo la caratterizzazione del fascista, dell’antifascista, del democristiano, del sacerdote contestatore e dell’operaio anti-intellettuale. Sordi ha interpretato film altamente impegnati come “Una vita difficile”, “La Grande Guerra”, “Tutti a casa”, “Detenuto in attesa di giudizio” e “Un borghese piccolo piccolo”.

Anche alcuni film da lui diretti hanno trattato – e addirittura anticipato – problematiche sociali dell’Italia del secondo novecento: “Scusi lei è favorevole o contrario?” (l’introduzione del divorzio), “Finché c’è guerra c’è speranza” (il traffico internazionale d’armi), “Tutti dentro” o “Assolto per aver commesso il fatto” (tangentopoli). Addirittura il mediocre “Nestore, l’ultima corsa” si è rivelato un precursore dell’animalismo, sia pure in salsa romana.

Sordi pur provenendo da un ambiente piccolo borghese, si vantava di saper interpretare, deridendoli, personaggi di destra, di centro e di sinistra. Si è immedesimato in personaggi storici ed è stato anche ingaggiato da registi d’oltreconfine.

Carlo Verdone interprete di personaggi senza alcuno spessore culturale

Niente di tutto ciò troviamo in Carlo Verdone che è stato – anzi – uno degli artefici della desertificazione culturale del cinema italiano dell’ultimo ventennio del XX secolo. È sorprendente infatti che, pur essendo un esponente della generazione contestataria non abbia interpretato alcun film e nemmeno un personaggio “antisistema”. Non solo: nemmeno un personaggio con un minimo di collegamento con la realtà politico-sociale del suo tempo!

Il ripetersi delle improbabili macchiette del ventenne timido e ingenuo, del ragioniere oltremodo puntiglioso e del borgataro ignorante e intraprendente, ha evidenziato, alla lunga, la ristrettezza del suo orizzonte. Dopo il terzo film, inoltre, tali macchiette si sono rivelate incoerenti con l’inesorabile avanzare del suo orologio biologico.

Verdone ha dato il meglio di sé quando si è messo da parte per valorizzare i propri partners

Solo in un secondo momento Verdone è riuscito a supplire la desolante assenza di un minimo di spessore dei suoi primi personaggi. Abbandonò sempre più le sue ormai obsolete “macchiette” e mise in scena un suo “alter ego” ipocondriaco e pieno di insicurezze ma finalmente abbastanza credibile. In particolare, in molti film si è messo in secondo piano per valorizzare la recitazione dei suoi colleghi, soprattutto donne. Ciò gli ha permesso di firmare alcune pellicole tutto sommato pregevoli.

È il caso di “Borotalco” dove troviamo quella che forse è la miglior interpretazione di Eleonora Giorgi e l’eccellente caratterizzazione di Angelo Infanti. È il caso di “Maledetto il giorno che ti ho incontrato” e di “Sono pazzo di Iris Blond”, che hanno costituito l’affermazione rispettivamente di Margherita Buy e Claudia Gerini. È il caso di “C’era un cinese in coma” che ha visto il lancio di Beppe Fiorello. Anche ne “I due Carabinieri” (che forse è stato il suo unico film con un accenno di tematica sociale, comunque in ottica conservatrice), ha saputo lasciar spazio a Enrico Montesano che ne risulta il vero protagonista. E, se vogliamo dirla tutta, difficilmente troviamo un’Ornella Muti così credibile come in “Io e mia sorella”.

In questi casi, che costituiscono circa un terzo della sua produzione ma comunque sottolineabili, Verdone si è rivelato un buon regista. Ma non paragoniamolo a Sordi, che è stato soprattutto un grandissimo attore. E, soprattutto non paragoniamo i film di Verdone a quelli interpretati dal suo tanto agognato “maestro”.  

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.

Blog su WordPress.com.

Su ↑