di Marzia Procopio
È andata in scena su Raiuno, martedì 3 maggio, la cerimonia di premiazione dei David di Donatello, il premio cinematografico italiano più importante, assegnato dall’Accademia del Cinema Italiano e considerato come l’equivalente degli Oscar americani. Conducevano la serata Carlo Conti e Drusilla Foer, la ormai celebre nobildonna elegantissima e ironica interpretata dall’attore Gianluca Gori, che con i suoi due outfit Valentino ha confermato di essere una vera “arbitra elegantiarum”, assoluta icona di stile. La premiazione tornava negli storici studi di Cinecittà dopo venti anni di assenza, e palpabile era l’emozione della sala, gremita di produttori, registi, attori e lavoratori della “settima arte”, commossi per il fatto di trovarsi tutti insieme, dopo due anni, proprio nel luogo simbolo del cinema italiano. Come aveva infatti ricordato il Presidente della Repubblica lunedì 2 maggio in occasione della presentazione al Quirinale dei candidati, il cinema fa pienamente parte della storia nazionale, perché con parole e immagini che sono oggi parte di noi, e senza le quali saremmo meno consapevoli come Paese, è stato capace di raccontare ed esprimere sentimenti e valori del nostro Paese. “Il cinema – ha aggiunto il capo dello Stato – ha contribuito a far conoscere l’Italia nel mondo. A farla apprezzare per i suoi talenti. A destare curiosità e interesse per quel che eravamo e per ciò che siamo diventati”. (ANSA).

I premi più importanti si sono distribuiti come da pronostici. I primi in scaletta vanno a È stata la mano di Dio di Paolo Sorrentino: il David per la miglior attrice non protagonista a Teresa Saponangelo, che interpreta il personaggio della madre di Fabietto, in gara con la statuaria e bravissima Luisa Ranieri in un ruolo che ne ha valorizzato finalmente le capacità espressive, e quello per la fotografia, assegnato ex aequo a Daria D’Antonio e al suo collega Michele D’Attanasio per l’atteso Freaks out di Gabriele Mainetti; il regista romano conquista anche il premio per la migliore scenografia a Massimiliano Sturiale, che intona un canto d’amore per il cinema, “che ci ha fatto sognare fin da piccoli”, e i premi per il Miglior trucco, per gli Effetti visivi e per la Miglior acconciatura. Sempre al film di Mainetti va il David per il Miglior produttore; il regista e il produttore Andrea Occhipinti, visibilmente grati, accennano alle difficoltà del momento in cui hanno girato, in piena pandemia, e alla tentazione di far uscire il film sulle piattaforme; Mainetti rivendica orgogliosamente di aver tenuto fede al suo amore per la sala, ed entrambi sono consapevoli del fatto che è stato premiato un prodotto che mescola diversi generi e risponde a un’idea di cinema che in Italia non si fa mai. L’appello a tornare in sala “perché senza la sala il cinema italiano muore” riecheggerà con discrezione per tutta la serata, venando di malinconia una cerimonia misurata, senza eccessi, sobria.

Mario Martone, che portava il suo capolavoro Qui rido io, il più coerente, rigoroso e coeso tra i pur bellissimi film in lizza, vince il premio per il Miglior attore non protagonista a Eduardo Scarpetta nel ruolo di Antonio Scarpetta, figlio che si ribella al “padre padrone”, e quello per i magnifici costumi a Ursula Patzak. Avrebbe meritato anche quello per il miglior film, ma si sa che Martone è un regista defilato, e non aveva alle spalle né Raicinema né Netflix. Il David speciale a Sabrina Ferilli, presentata da Drusilla che fa affettuosamente il verso a Loren durante la cerimonia che vide trionfare La vita è bella di Benigni agli Oscar, e quello alla carriera a una commossa e umile Giovanna Ralli, che sarà a Cannes per il primo film, Marcel!, di Jasmine Trinca.

Miglior esordio alla regia Laura Samani per Piccolo corpo, Migliore sceneggiatura non originale al potente L’arminuta, per la sceneggiatura originale invece ad Ariaferma, i cui autori, molto emozionati, sottolineano come gli sceneggiatori siano sempre portatori di contenuti che lavorano “per società aperte democratiche e si spera senza guerra”. Al coraggioso e asciutto film di Leonardo Di Costanzo va anche il David per il miglior attore protagonista, Silvio Orlando, che lo dedica alla moglie Maria Laura, “la persona migliore che abbia mai conosciuto in vita mia”, e ringrazia Tony Servillo, suo partner nel film, e il regista, che aveva dovuto insistere perché l’attore napoletano non voleva interpretare un personaggio così “lontano dalle sue corde abituali”. Per una volta restano senza premi due assi piglia tutto, Elio Germano che pure aveva dato un’ottima prova in America Latina dei fratelli D’Innocenzo, e Tony Servillo, protagonista però di ben tre film.

La miglior attrice protagonista è la diciassettenne Swami Rotolo di A Chiara di Jonas Carpignano, la Miglior canzone originale, La profondità degli abissi, è di Manuel Agnelli per il Diabolik dei Manetti Bros; il Miglior film internazionale è, per l’Accademia, Belfast di Kenneth Branagh; il Miglior compositore, Nicola Piovani per I fratelli De Filippo, non ha ritirato il premio per il cortometraggio Maestrale.

Un David simbolico alle eccellenti maestranze, che hanno sentito più degli altri la sofferenza del cinema durante i lockdown; i David per il Miglior montaggio e il Miglior suono vanno a Ennio di Giuseppe Tornatore, che ha vinto anche il Premio Cecilia Mangini per il miglior documentario sconfiggendo il commovente Marx può aspettare di Bellocchio; Tornatore ne ha spiegato il successo di pubblico e critica per “come Ennio si è raccontato, rivolgendosi al pubblico come a un amico”.
Alla fine della serata, il David per il Miglior film, al quale concorrevano È stata la mano di Dio, Ennio, Freaks out, Ariaferma e Qui rido io: con un esito tanto scontato quanto discutibile, anche il premio più ambito lo vince il film autobiografico di Sorrentino, cui vanno anche il David giovani e quello per la Miglior regia. Paolo Sorrentino aveva consegnato poco prima un David speciale ad Antonio Capuano (autore tra gli altri de La guerra di Mario), che il pluripremiato regista napoletano definisce “maestro di libertà e di vitalità”: è Capuano che in È stata la mano di Dio grida a Fabietto quel “non ti disunire!” già diventato frase di culto.

Durante la serata, molti omaggi: c’è Umberto Tozzi che celebra la sua Gloria, che ha fatto parte di molte colonne sonore di grandi film, c’è il riferimento a Chaplin e al suo Il grande dittatore con il discorso all’umanità recitato da Gori; dalle ricchissime, preziose Teche Rai, sfilano spezzoni di interviste a Pasolini Gassman Tognazzi Bolognini e altri grandi registi e attori nati nel 1922, poi un doveroso omaggio alla dea Monica Vitti, poi un’altra esibizione di Drusilla Foer, che canta Senza fine di Gino Paoli per “salutare” attori, autori e produttori morti quest’anno (tra gli altri, Libero De Rienzo, Piera Degli Esposti, Lina Wertmuller, Mario Castelnuovo, Renato Scarpa, Gianni Cavina, Vitaliano Trevisan, Paolo Pietrangeli, Katherine Spaak): un saluto sentito e doveroso, perché il cinema, dice Drusilla Foer, è sempre luogo d’amore.

Il nome del vincitore è stato proclamato come da tradizione dalla storica e critica del cinema Piera Detassis, anche lei visibilmente emozionata per la presenza di registi e attori “classici”, veterani, e giovani: a Cinecittà e tutti insieme, classico e giovane, come il cinema che ci vuole per guardare al futuro. Nel complesso, una serata che per sobrietà e qualità dei film in gara, quest’anno veramente validi, è stata migliore delle ultime dieci edizioni degli Oscar: segno, che, come ha detto il presidente Mattarella, il cinema può ancora uscire dalla crisi in cui due anni di pandemia e la concorrenza delle piattaforme streaming lo hanno gettato. «Ci sono momenti in cui si è chiamati ad affrontare sfide difficili. Questo è uno di quei momenti. Il cinema di oggi e di domani avrà caratteristiche diverse, che voi dovrete ideare, progettare, costruire.[..] Non si può più immaginare uno spazio del cinema separato da questo contesto così ricco e in movimento. Tuttavia il cinema deve saper conservare il suo tratto originale, la sua cultura del messaggio, la sua poesia, perché così il dialogo sarà più proficuo».
Di seguito, i link alle recensioni dei film vincitori:
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