‘Blow Out’ (1981), di B. De Palma.

di Roberta Lamonica

J. Hoberman ha definito Blow Out “l’ultimo film degli anni ‘60”. In realtà, il thriller di De Palma va al di là delle convenzioni di genere per riflettere sulle paure politiche dell’America pre reaganiana. Il film uscì nel giugno del 1981 e fu un fiasco commerciale. Sebbene De Palma avesse iniziato a pensare al soggetto per questo film dopo lo scandalo Watergate, Blow Out è generalmente considerato un remake molto libero del capolavoro di Michelangelo Antononi, Blow up.

Esso trae inoltre ispirazione da The Conversation di Francis Ford Coppola (1974). E, in effetti, nel film di De Palma entrambi gli aspetti presenti nei modelli, quello visivo e quello uditivo, sono di estrema importanza.

Maestria tecnica, luci e fotografia innovative, sceneggiatura ben sviluppata e l’interpretazione perfetta di J. Travolta hanno fatto di Blow out un classico del cinema moderno e un film irrinunciabile.

La trama: Jack, tecnico del suono per squallidi B movies, registra accidentalmente la prova che l’incidente stradale in cui ha perso la vita un candidato alle presidenziali era in realtà un omicidio premeditato. Jack decide allora di indagare sulla morte dell’uomo per scoprire la verità e liberarsi dai fantasmi del passato che infestano i suoi pensieri.

Il focus di Blow out è sul ‘fare la cosa giusta’. Per tutta la durata del film Jack cerca di fare ciò che un buon cittadino dovrebbe fare: dire la verità, cercare la verità e proteggere, quasi cavallerescamente, chi è in difficoltà (Sally, la escort che era in compagnia del deputato al momento dell’incidente).

De Palma rende chiaro che il film non è una storia d’amore e che un rapporto romantico tra Jack e Sally (Nancy Allen, allora moglie di De Palma) non potrà esserci. In una scena molto suggestiva i due sono in macchina e la pioggia sul vetro appannato suggerisce che Jack e Sally non potranno mai ‘vedersi’ realmente e in profondità e che il loro rapporto è condannato come il mondo sinistro e buio dal quale vengono.

Ma ciò che davvero colpisce è il virtuosismo tecnico che De Palma mette in campo in tutto il film. A partire dall’inizio in cui ‘inganna’ lo spettatore. Non tutto ciò che si vede, o sente, o percepisce è reale: e infatti, proprio quando pensiamo di stare nel bel mezzo di una versione comica di un B slasher, ci accorgiamo di aver passato 3 minuti a vedere un ‘film nel film’. Con un omaggio al capolavoro di Hitchcock, Psycho, il film ‘falso’ finisce e inizia quello ‘vero’.

In questa prima scena c’è tutto ciò che caratterizzerà Blow Out: il colore rosso, prepotente, insistito, onnipresente; il sesso inteso come veicolo di piacere voyeuristico; l’occhio nascosto che scruta; l’importanza del suono, esplicitata in quello che sarà il filo conduttore del film: la ricerca dell’urlo perfetto. Un urlo di terrore, di disperazione e impotenza che non può essere riprodotto in alcun modo.

Molte le scene memorabili: l’uso profetico e ambiguo dello split screen, la scena dell’omicidio del governatore in cui il direttore della fotografia Vilmos Zsigmond riesce a mostrare Jack e il gufo come se fossero vicinissimi in un corto circuito visivo che è rimasto memorabile. La  ripresa dall’alto dell’ufficio di Jack con la stanza completamente sottosopra: scatole, nastro, registratori e cavi sono tutti sul pavimento. La machina da presa si muove lentamente da una angolo all’altro della stanza riproducendo la forma arrotolata della pellicola.

Pauline Kael nella sua recensione di Blow out ha descritto nel miglior modo possibile le qualità visuali del film: “Il direttore della fotografia,Vilmos Zsigmond, ha creato delle scene notturne che sembrano quadri su velluto nero, così seducenti che ti viene voglia di attraversare lo schermo e camminare in quelle notti”.

E nel finale di Blow out questa immagine viene fuori splendidamente. La cinepresa ruota intorno ai due protagonisti su uno sfondo nero circondati da fuochi d’artificio (la scena potrebbe essere ispirata al bacio tra G..kelly e C. Grant in ‘Caccia al ladro’ di Hitchcock). I colori predominanti sono ancora il rosso, il blu e il bianco (i colori della bandiera americana). Sebbene la scena possa essere un po’ kitsch, ha invece il merito di essere un azzardo visivo vincente e memorabile. La scelta della slow motion e il movimento che fa sono metafore della situazione emotiva di Jack: egli vorrebbe riportare indietro il tempo di due ore e riavvolgerlo, come fa con i nastri, ma è semplicemente impossibile.

Alla fine del film Jack è di nuovo al lavoro in un percorso circolare che fa finire il film lì dove era iniziato. Il suo riscatto è impossibile, la cosa giusta non si può fare, i fantasmi continueranno a perseguitarlo… Di tutta questa esperienza drammatica resterà un urlo vero e terrificante per uno spettacolo finto e scadente. Come le relazioni umane e la politica americana. Come l’incoscienza di chi prende parte a parate patriottiche mentre i suoi figli muoiono senza essere ascoltati. Questo è Brian De Palma.

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