Lezioni di piano, di Jane Campion (The Piano, 1993)

di Marzia Procopio

Terzo film della regista neozelandese Jane Campion, Palma d’oro a Cannes nel 1993 ex aequo con Addio mia concubina di Chen Kaige e tre premi Oscar (Miglior attrice protagonista, Miglior attrice non protagonista, Migliore sceneggiatura), Lezioni di piano racconta, mescolando il romanticismo gotico di Emily Brontë con l’erotismo di D.H. Lawrence, la storia di Ada (Holly Hunter), una vedova scozzese che, dopo essersi sposata per procura con il piccolo possidente Amstair Stewart (un bravissimo Sam Neill), arriva in Nuova Zelanda con la figlia Flora (Anna Paquin) e il suo amato pianoforte. La donna, muta fin dall’infanzia, ha con esso un rapporto viscerale, perché suonandolo comunica le proprie emozioni; così, quando il marito si rifiuta di farlo trasportare fino a casa sua attraverso la giungla, l’abbandono inaspettato del prezioso strumento sulla riva provoca in Ada un’ostilità immediata nei confronti dell’uomo, al quale da quel momento si rifiuterà ostinatamente. Un vicino di casa, un maori convertito di nome Baines (un magnetico Harvey Keitel), compra lo strumento da Stewart e la invita ad andare a suonarlo ogni volta che lo desidera in cambio di qualche lezione: inizia così una storia d’amore appassionata.

L’immagine del pianoforte di Ada abbandonato, presenza viva, su una striscia di spiaggia fotografata nella luce di un bianco accecante dell’Oceano, è il primo stimolo visivo che Campion raccolse per la sceneggiatura del film: lasciato lì da un uomo apparentemente educato ma di indole rozza, il piano riposa sulla spiaggia battuta dai venti e dalle onde in attesa di diventare, da voce del silenzio di Ada, lo strumento del suo ritorno alla vita. Campion spiegò che per la sceneggiatura erano stati fondamentali l’idea del pianoforte, il vero protagonista appunto, che fornisce il gancio per lo sviluppo della vicenda; i Maori, che fanno parte della cultura d’origine della regista (e non è casuale che Baines li ha scelti, mentre Stewart li tollera a malapena); il romanticismo di Cime tempestose, che – ripercorso attraverso una sensibilità contemporanea – influenza la rappresentazione del rapporto fra uomo e donna e il tema del legame fra la Natura e gli stati emotivi dei protagonisti.

Ada: la voce del silenzio

Ada vive in epoca vittoriana, in una società maschilista e conformista in cui né le donne né gli uomini possono esprimere preferenze o sentimenti perché tutto è rigidamente stabilito dalle convenzioni sociali. In quest’ottica, il suo silenzio sembra una sorta di affermazione identitaria: le donne del film la guardano con diffidenza perché il suo mutismo – che a Stewart, ad esempio, sembra una scelta, al punto che ne sembra ossessionato – la rende radicalmente straniera, strana, separata dalla comunità femminile che la guarda con maggior sospetto di quella maschile. Ada in realtà non è silenziosa, ma comunica e agisce i propri sentimenti con il pianoforte, con le mani, con gli occhi, con i movimenti del capo, con le sue scelte impulsive. La conseguenza immediata è che la sceneggiatura passa per le immagini. Lezioni di piano è perciò un film radicalmente visivo, in cui nulla si perderebbe, nella definizione dei caratteri e della storia, nemmeno se fosse muto.

Ada e Flora, Stewart e Baines: la modernità di Lezioni di piano

Il legame così stretto tra Ada e Flora, che in più di un momento sembra quasi capovolto perché è Flora a ricordare alla donna doveri e convenzioni, è dato dalle difficoltà di comunicazione tra Ada e il resto del mondo. La piccola Flora, che fa da interprete fra Ada e il mondo, ha con la madre un rapporto esclusivo, quasi simbiotico. Rimaste sole dopo la morte del marito di Ada, costrette a lasciare la Scozia per l’aspra, inospitale Nuova Zelanda, le due sono chiamate a iniziare una nuova vita con Stewart, un colono che sin dall’inizio dimostra di non comprenderle. Soltanto Flora è in grado di comprendere il linguaggio non verbale della madre, gesti, sguardi, sopracciglia che si aggrottano e altri impercettibili segnali. Quando, all’inizio del film, le due aspettano l’arrivo di Stewart sulla spiaggia, Flora avvisa la madre di non avere alcuna intenzione di rivolgersi al patrigno con l’appellativo di ‘papà’; lo farà invece, significativamente, dopo aver avvisato Stewart dei frequenti incontri di Ada con Baines e averlo così messo nelle condizioni di scoprire il tradimento, e proprio mentre Stewart sta recludendo Ada in casa. La bambina ha ragioni chiare per tradire la madre: considera a propria volta un tradimento, infatti, la relazione clandestina tra Ada e Baines, che pone fine all’esclusività del loro legame. Con l’ingresso di Baines nel sistema, Flora non è più l’unica persona in grado di capire e comunicare con Ada, e si trova a dover condividere la figura materna con un’altra persona, accettando inoltre che Ada non sia più soltanto madre ma anche donna. La bambina usa il patrigno come esecutore materiale della vendetta da lei pianificata; quando, su ordine di Ada, la bambina tenterà di consegnare a George il messaggio d’amore scritto sul tasto del pianoforte, assisterà impotente alla mutilazione della madre finendo per accettare la presenza protettiva e salvifica di Baines.  

La musica, come si è detto, per Ada è lo strumento privilegiato di comunicazione dei suoi sentimenti e stati d’animo. Stewart non riesce a rendersi conto dell’importanza del pianoforte nella vita della moglie, mentre Flora e Baines sì. Solo dopo l’interessamento di Baines nei confronti dello strumento Ada, seppur inizialmente assai diffidente, inizia a osservare e ad avvicinarsi all’uomo, il solo che ha avuto il coraggio e la sensibilità di avvicinarsi a lei utilizzando il suo stesso linguaggio. Fra i due uomini c’è una relazione simmetrica rovesciata: il civile Stewart, che pensa alla moglie come a una sorta di animale da compagnia (“si affezionerà”), ingabbiato nel ruolo e nelle convenzioni sociali e culturali e incapace di esprimere i suoi sentimenti, non capisce l’attaccamento di Ada al pianoforte. Il rozzo Baines, invece, che vive in una capanna in mezzo alla foresta e a contatto diretto con la natura, tra i Maori, come un ‘selvaggio’, comprende istintivamente la bellezza della voce interiore di Ada, innamorandosene quasi subito. Nonostante sia un uomo illetterato e di poche parole, Baines si assicura il possesso del pianoforte ingaggiando una lotta sotterranea con Stewart. E quando quest’ultimo scopre il tradimento, segrega lei e la piccola Flora in casa, sperando che l’isolamento possa guarire Ada dal suo mal d’amore.

Il ‘civile’ Stewart è un uomo quasi ‘femminile’: fra lui e Ada a dominare è lei, che lo accarezza ma gli impedisce di toccarla. Questa dinamica evidenzia la sensualità libera di Baines (ribadita da Campion con il nudo frontale di Keitel), che va alla scoperta del corpo di Ada ‘pagandola’ con i tasti del pianoforte, e invece la sessualità repressa di Stewart, che rifiuta Ada quando è lei a proporre dei giochi e al contrario prova a usarle violenza per dimostrare di essere lui la parte attiva (in ossequio alla morale maschilista vittoriana secondo cui la donna può solo subire). L’esplorazione dei rapporti amorosi da parte di Campion è il tema moderno del film.

Le scelte formali

Dal punto di vista stilistico, Lezioni di piano supera le precedenti prove della regista, l’autentico e innovativo Un angelo alla mia tavola e il più classico Sweetie, configurandosi come un capolavoro di sintesi. Campion usa molte tecniche di ripresa, dalle soggettive alle oggettive reali e irreali, per porre l’accento di volta in volta su ciò che le interessa: l’incipit, ad esempio, è una soggettiva che inquadra la mano di Ada e la sua voce fuori campo; la macchina da presa, poco dopo, con un’oggettiva riprende la donna distesa sotto un grande albero, poi, con un movimento lento, Ada e l’albero dall’alto. Le inquadrature più eleganti sono quelle geometriche, dei veri e propri quadri: ad esempio quella di Ada, Flora e Baines sulla spiaggia alla fine di un pomeriggio di svago, o le molte osservabili negli interni, come le scene degli incontri amorosi nella capanna. Le riprese ampie degli esterni mettono in grande risalto il tema romantico della forza della natura – le onde dell’oceano e il groviglio della vegetazione – che nella sua grandiosità si trasforma in metafora della complessità drammatica dei rapporti umani: il romanticismo tematico trova traduzione nel romanticismo linguistico, nella rappresentazione dei fenomeni naturali come anticipazione e traduzione delle passioni.

Come componente linguistica e stilistica usata anch’essa in chiave moderna, una menzione particolare merita la colonna sonora di Michael Nyman, che aveva musicato tutti i lavori più importanti di Peter Greenaway e che Campion scelse perché componesse una musica ariosa e ricca, a contrappuntare emotivamente le immagini, ma anche moderna, che lavorasse sulla ripetitività ritmica (come il minimalismo musicale di Nyman assicurava). Inusualmente composta prima delle riprese, essa nacque non solo dal confronto tra la regista e il compositore, ma anche con l’intervento di Holly Hunter che, discreta pianista anche lei, suonava in presa diretta suggerendo di fatto a Nyman i temi congeniali a lei e ad Ada. Ne nacque una colonna sonora ‘su misura’ fatta della musica interiore di Ada poggiata sull’impalcatura sonora delle sequenze in esterni.

Il romanticismo letterario e iconografico: Ada e Catherine

Quando decise di fare Lezioni di piano, Campion dichiarò: “Credo che l’impulso romantico sia in ciascuno di noi e che faccia parte della vita di ciascuno di noi per brevi periodi; ma non appartiene a uno stile di vita assennato. È un cammino eroico e di solito conduce a sbocchi pericolosi. Io gli attribuisco un grande valore, perché lo considero un cammino molto coraggioso. Ma può anche essere il cammino della pazzia obbligata. Sento molte affinità tra il romanticismo ritratto da Emily Brontë in Cime tempestose e questo film. La sua non è la concezione romantica divenuta abituale, ma è molto aspra ed estrema, un’esplorazione gotica dell’impulso romantico con cui io volevo confrontarmi nel mio secolo. Il fatto che io non scriva ai tempi di Emily significa che posso analizzare un aspetto dei rapporti che a quell’epoca era interdetto. La mia esplorazione può essere molto più sensuale, analizzare molto di più la forza dell’erotismo. Il che aggiunge una dimensione ulteriore”.

Il film fu invece accolto con qualche perplessità e liquidato come un film “romantico” (con l’evidente confusione di romanticismo e sentimentalismo) perché mainstream e non ‘di confine’. Incredibilmente, visto che esso trae ispirazione da un universo letterario preciso e snoda il suo racconto senza concessioni al superfluo, al gratuito, all’irrilevante o non strettamente funzionale all’armonia complessiva delle cose da dire. Il romanticismo di Campion è sostenuto non solo dalle indubbie capacità registiche già prese in esame – i movimenti di macchina, i risultati compositivi di forte impatto, il cromatismo dei toni bruni, terrosi e grigi che si illuminano nella sequenza finale, chiara e solare, di Ada finalmente arresa alla pace – ma anche per i riferimenti letterari che innervano il racconto e lo allontanano dal cinema estetizzante alla Ivory (anche lui, peraltro, colpito da troppi pregiudizi, come dimostra il tono gelido, secco e impietoso di Casa Howard). Dal punto di vista dei modelli cinematografici, infatti, pare più opportuno accostare Lezioni di piano a Via dalla pazza folla, per la contaminazione che Schlesinger operava sulla storia vittoriana di Thomas Hardy con suggestioni della Swinging London, e a Lawrence d’Arabia per i paesaggi sconfinati in cui i personaggi si muovono e per la forte percezione romantica della sensualità della natura, che poi è un tratto distintivo del discorso estetico e narrativo di Lezioni di piano. La mano di Ada nell’acqua al momento della partenza, o il suo lento inabissarsi legata al suo pianoforte tra le vesti scure che le fluttuano attorno, rimandano alle donne dei pittori preraffaelliti, ai lunghi capelli ondulati come alghe di Shelley Winters in La morte corre sul fiume di Charles Laughton, mentre le figure che si muovono lontane su certi profili collinari invasi dalla selvaggia vegetazione richiamano un film del 1950 di Michael Powell ed Emeric Pressburger, La volpe, tratto da un romanzo vittoriano di ambientazione celtica (e non a caso Ada viene dalla Scozia): insomma, c’è tutta una cultura, che va dal gotico inglese al romanzo d’avventura alla Fenimore Cooper, che potremmo definire in certo qual modo sovversiva perché riconduce al coraggio di un romanticismo autentico, torbido e non “romanticizzato”, che vuole dare ascolto agli imperativi amorosi e sessuali; tra le parole d’amore delle scrittrici vittoriane la sensualità scorreva a fiumi, e Campion le dà corpo e importanza proprio usando il desiderio sessuale di Ada per riscattarla dalla morte di cui la donna sente il richiamo fino alla fine, fino a quando, resistendo al richiamo del mare, si svincola dalla corda che la lega al piano, e risale. Immersa in una natura che è in questo film un potente elemento narrativo e simbolico (il mare e la foresta rappresentano la morte e la rinascita, la paura e il coraggio, la scelta di vivere o di lasciarsi andare) Ada, perfettamente conscia del proprio gesto eppure sorpresa: “Che morte!”, pensa. “Che occasione! E che sorpresa: la mia volontà ha scelto la vita”, distinguendosi nell’unica azione che le eroine vittoriane non potevano permettersi: di vivere con i propri impulsi, anziché morire per essi.

La sensualità percorre tutte le immagini del film: Ada con i suoi capelli strettissimi e i suoi abiti severi, che ispirano fantasie su quanto c’è sotto quelle gonne scure, con il suo abbandono alla musica, la vicinanza fisica con la sua bambina, il trasporto erotico verso il corpo di legno del pianoforte; il contrasto fra il corpo tracagnotto di Baines, il duro delle Mean Streets, e la sua indimenticabile dichiarazione d’amore (“Ada, io non mangio più, non dormo più. Perciò, se sei venuta e non senti niente per me, per favore vattene”); la femminile sottomissione di Stewart alle esplorazioni maschili di Ada, tanto acuta che gli fa ‘sentire’ la voce della donna e lo spinge a rinunciare alla proprietà in un gesto di abnegazione da melodramma. Erotismo assoluto promana anche dalla disinvolta fisicità dei maori, dalla fitta, intricata vegetazione, dall’oceano, dai bambini che cercano innocenti il piacere strofinandosi contro gli alberi. E sopra a tutto questo, a sintetizzare la finezza e la diversità di un film che è classico nel senso più puro del termine, il primo contatto fisico tra Baines e Ada, il dito di lui che tocca la pelle di lei attraverso il buco nella pesante calza nera: un attimo che racchiude un mondo di fantasie, sensazioni, emozioni e desideri e che, insieme agli elementi presi in rassegna, fa di Lezioni di piano un capolavoro che con sicurezza e raffinatezza pone sotto una luce radicalmente nuova l’amore con i suoi attributi di tormento, sensualità, capacità rigenerativa. Altro che le estroversioni orgasmiche di Bridgerton.


 

2 risposte a "Lezioni di piano, di Jane Campion (The Piano, 1993)"

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