Sita Sings the Blues, di Nina Paley (USA 2008)

di Andrea Lilli

Se le donne alla regia rappresentano una minoranza, quelle che dirigono film d’animazione sono una rarità. Secondo un recente studio del team di ricerca Annenberg Inclusion Initiative, interno alla University of Southern California, dal 2007 al 2018 solo il 3% dei cartoons è stato diretto da donne registe. Ciò ha avuto come conseguenza una disparità anche nei contenuti delle storie: negli stessi anni, solo il 17% dei 1200 film animati di maggior successo ha avuto una protagonista o una co-protagonista femminile. Tra questi si distingue per assoluta originalità Sita Sings the Blues di Nina Paley: in quel 3% di registe è stata probabilmente l’unica a scrivere, sceneggiare, disegnare, colorare, doppiare, sincronizzare, montare, sottotitolare, editare, produrre, finanziare, pubblicizzare, distribuire, difendere in tribunale, insomma a fare tutto ciò che riguarda il proprio film. Ne valeva la pena: Sita Sings the Blues è una deliziosa, bizzarra, affascinante storia in animazione digitale 2-D assai apprezzata dalla critica e dal pubblico (soprattutto online: in sala è scomparso quasi subito, e per motivi legali sono state stampate solo 5000 copie in DVD) che ha vinto una lunga serie di premi, malgrado gli ostacoli e i boicottaggi opposti alla sua diffusione da più parti: anzitutto dall’industria discografica e dall’ortodossia induista. Ma andiamo con ordine.

NinaBrunoCrop6March2008

Nina Paley, disegnatrice, fumettista, gattofila e ciclista nasce in Illinois nel maggio ‘68, sotto il segno del Sottomarino giallo (Yellow Submarine, 1968). Inizia a disegnare storie a fumetti durante il liceo. Dal 1998 comincia a realizzare cortometraggi animati.

Nel 2002 suo marito Dave si trasferisce per lavoro a Trivandrum, India meridionale. Nina va a trovarlo, ma non riceve una calda accoglienza. Torna a casa, a San Francisco. Dave prolunga il contratto per un altro anno, durante il quale invia una breve mail alla moglie, mettendo fine bruscamente e senza tante spiegazioni alla loro relazione.

Nina rimane fulminata e sola, col suo gatto e il suo dolore. Cosa può fare per dimenticare Dave? Allontanarsi, almeno in parte. Il suo corpo è trasferito a New York, per lavoro. Invece il suo pensiero resta rivolto all’ex, in India: ma in un’India diversa, quella antichissima descritta nel Ramayana, poema epico indù che Nina aveva iniziato a leggere a Trivandrum, e in cui ora trova singolari analogie con la propria vita.

Nello stesso tempo lo stato d’animo porta Nina Paley a riscoprire i testi e le melodie di tenere canzoni jazz fine anni Venti incise da Annette Hanshaw, a cominciare da ‘Mean To Me’(*). Disegna dapprima un corto, componendo al pc queste due atmosfere così distanti fra loro; poi le sviluppa e articola nel suo primo lungometraggio: lo stravagante pop-musical-animated movie Sita Sings the Blues. Proprio la terapia di cui ha bisogno per superare il trauma del distacco.

mare tramonto

Il Ramayana (‘Viaggio di Rama’), risalente almeno al VI° secolo a.C., è con il Mahabharata il poema epico più importante della cultura induista. Sita, figlia della Terra Madre, è la bellissima semidea che sposa Rama, principe ereditario del regno di Ayodhya, arciere imbattibile e valoroso, modello di virtù nonché settimo avatar (incarnazione terrena) di Vishnu, una delle tre più importanti divinità della religione induista. Rama, dalla pelle blu come il cielo per la sua origine, è costretto dal padre all’esilio per quattordici anni. Sita, innamoratissima e fedele, lo segue. Vivono felici nella foresta, lontano dalle comodità di corte, finché Sita viene rapita dal re Ravana.

Con l’aiuto di uomini-scimmia comandati dal prode Hanuman, Rama uccide Ravana e libera Sita. Terminati gli anni dell’esilio, Rama ritorna ad Ayodhya con Sita, ora incinta. Rama viene incoronato re. Ma il popolo spinge Rama a sospettare ingiustamente di Sita – ritenuta “impura” pur avendo resistito alle brame di Ravana – e a rispedirla nella foresta, dove partorisce due gemelli. Dopo aver dimostrato il proprio amore fedele allo sciagurato Rama, Sita preferisce salutarlo definitivamente tornando nel grembo della Terra Madre. Rama capisce così quanto fosse stato miope e stupido cedere a pregiudizi velenosi, oltre che maschilisti. Il tutto narrato e commentato dalle voci di tre curiosi spettatori, sagome del teatro delle ombre indonesiano (il tradizionale Wayang Kulit), tra le canzoni di Annette Hanshaw, una più bella dell’altra.

La cantante viene dipinta come una Betty Boop in salsa indiana. Del resto, a sua volta la Betty originale dei cartoons anni Trenta era stata disegnata ad imitazione di un’altra cantante, Helen Kane. Il blues di Annette-Sita si intreccia con la pelle celeste di Rama e col blu del mare e della notte, per far diventare blu la malinconia e il dolore di Sita-Nina.

L’originalità di Sita Sings the Blues sta nel fatto che, tranne il meschino Dave, ogni personaggio è figurato in tre stili grafici molto diversi tra loro che si accavallano nella successione degli episodi, e questa alternanza del disegno e dei colori diminuisce la drammaticità della storia mentre mantiene tesa l’attenzione, soprattutto quella degli induisti ortodossi, che hanno cercato di bloccare un film “irriverente e sacrilego”.

Nina Paley è fantasiosa, ironica, malgrado le disgrazie narrate, e paradossale nel coniugare, in quella che è “La più grande storia di una separazione” (come recita la locandina del film), acquarelli e collage di fotografie, elaborazioni computerizzate e disegni in negativo, ritmi indiani e swing da ragazze flapper, tabla e charleston.

LaxmiPhonograph

La scelta di canzoni così datate fu fatta anche nell’ipotesi che qualunque diritto d’autore fosse decaduto, estinto. E invece, purtroppo, insieme alle prevedibili ire dei teologi induisti, Nina Paley dovette far fronte ad esose pretese legali da parte di alcune case discografiche. Una lunga battaglia in tribunale l’ha spinta ad abbracciare pertanto la causa dell’Open Source e del Copyleft, schierandosi contro una pratica del copyright ritenuta “palesemente ingiusta, ricattatoria e parassitaria, inutile per la difesa dei diritti di autori ormai scomparsi mentre ingrassa solamente i distributori delle loro opere”. Questo è il motivo per cui questo gioiello di film sarà sempre disponibile online, in tutte le versioni sottotitolate possibili – così come sono fruibili liberamente sul web gli altri lavori di Nina Paley. Ogni spettatore è dalla regista esplicitamente invitato a scaricare, copiare, e sostenere Sita.

CCA-SA

FILM con sottotitoli in italiano disponibile su YouTube oppure in altre versioni nel sito del film


(*) MEAN TO ME (trad.)

Sei cattivo con me
Perché devi essere cattivo con me
Accidenti, tesoro, mi sembra che
Ti piace vedermi piangere
Non so perché
Resto a casa ogni notte
Quando dici che telefonerai
Non lo fai e sono rimasta sola
Cantando il blues e sospirando.
Mi tratti freddamente
Ogni giorno dell’anno
Mi rimproveri sempre
Ogni volta che qualcuno è vicino, caro
Deve essere molto divertente essere cattivo con me
Loca2Non dovresti, perché non riesci a vedere
Cosa significhi per me
Tesoro, ti amo
Pensi al tuo mondo
Ma temo che non ti interessi di me
Non lo mostri mai
Non me lo fai sapere
Tutti dicono che sono una sciocca
Mi dispero tutto il giorno
Perché ti comporti così?
Sei cattivo con me
Perché devi essere cattivo con me?
Accidenti, tesoro, mi sembra che
Ti piace vedermi piangere
Non so perché
Resto…

  • Alcuni dei premi vinti da Sita canta il blues:

Annecy Winner 2008 Best Feature Film
Ottawa Winner 2008 Best Animated Feature
Berlinale Winner 2008 Generation14+
Montreal Winner 2008 Grand Prize


  • Altre registe in Re-movies:

Waad al-Kateab

Marta Bergman

Nora Ephron

Alison Klayman

Nadine Labaki

L’ultimo piano (co-registe)

Paola Randi

Małgorzata Szumowska

Margarethe von Trotta

Lulu Wang

Betsy West e Julie Coen

Chloé Zhao

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